Il neo garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, Giovanni Ravalli, ha voluto scrivere una lettera indirizzata ai giovani in occasione della “Giornata nazionale contro il bullismo e cyberbullismo”, che si celebra ogni anno il 7 febbraio.
«In questo periodo le istituzioni, e in particolare le scuole – scrive il garante, docente di Religione all’istituto Albert di Lanzo prima di assumere il nuovo incarico per la Regione Piemonte – sono invitate a riflettere e a fornire a voi studenti le ragioni per dire “no” ad ogni forma di prepotenza fisica o verbale, che lascia sempre delle conseguenze in chi la subisce: calo dell’autostima, ansia, depressione e aggressività. Se vivi un malessere interiore, non esitare a chiedere aiuto: rivolgiti ai tuoi affetti più cari, se necessario richiedi un sostegno psicologico. Chiedere aiuto è il primo passo per iniziare a risolvere il problema. Un vecchio detto recita: “Il dolore condiviso si dimezza”.
Ho passato gli ultimi 22 anni della mia vita lavorativa in classe, come docente. L’esperienza mi dice che, oggi più che mai, ogni giovane ha bisogno di poter contare su adulti di riferimento, su qualcuno a cui chiedere consiglio, con cui poter parlare liberamente senza la paura di essere giudicato, con la certezza di avere di fronte una persona che realmente gli vuole bene, che vuole il suo bene. Ognuno di noi ha bisogno di un orizzonte a cui guardare, di un senso che dia “gusto” alla vita. Il giovane torinese Pier Giorgio Frassati diceva: “Vivere senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la verità, non è vivere, ma vivacchiare”. Se di fronte all’immensità dello spazio e del tempo siamo poco più che niente, a che vale la vita? Come scriveva Leopardi: “Che vuol dir questa solitudine immensa? Ed io che sono?”.
Lasciati scuotere da queste domande. Cambiano le mode, avanza la tecnologia, ma il cuore dell’uomo non cambia, ha sempre le stesse domande, ha sempre la stessa sete di verità e di bellezza. Cerca adulti come il professore del film L’attimo fuggente: “Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino. Noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana. E la razza umana è piena di passione. (…) La poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita”. Concludo ricordandoti che il mondo cambia solo se noi cambiamo, il mondo migliora solo se noi miglioriamo. In fondo, tutti dovremmo lavorare per lasciarlo migliore di come lo abbiamo trovato. La strada del bene è in salita e per camminare su questa nuova via non basta non commettere atti di violenza. Bisogna non aver paura di denunciare l’ingiustizia, lavorare per rimuoverla, non temere di difendere i più fragili, avvicinare chi, magari in classe, è più timido o escluso perché considerato “diverso”: essere inclusivi non a parole ma nei fatti. Questo ci rende realmente umani».