«La fusione dei piccoli Comuni è l’unica soluzione per sopravvivere». Non ha dubbi Rori Sforza, ex vicesindaco di Fiano e oggi presidente del comitato “OltreStura Futura”. «Nei giorni scorsi i sindaci hanno denunciato il taglio delle risorse agli enti locali da parte del Governo e ciò significherà mancanza delle manutenzioni, del suolo e dei servizi essenziali. È necessario ripercorrere le principali tappe di questa vicenda. Nel 2017 venne emanata la legge 158 avente come oggetto “misure urgenti per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli Comuni”, a cui seguì il decreto ministeriale del 2020 firmato da Luciana Lamorgese, che individuava i parametri per avere diritto ai finanziamenti. Nel 2022 il decreto del presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, preannunciò gli stanziamenti per gli anni successivi, si tratta di quelli negati oggi. Le nostre associazioni e comitati non condividono il messaggio trasmesso da queste leggi. Esse, infatti, si illudono e illudono di evitare lo spopolamento delle aree interne, stanziando soldi che non serviranno minimamente allo scopo, nel tradizionale stile assistenzialistico. Capiamo la frustrazione delle Amministrazioni che contavano su delle somme che non arriveranno, ma a nostro arrivo sarebbe veramente ora di pensare ad agire. A percorrere strade che hanno un’efficacia certa, perché è stata dimostrata dai fatti».
La presidente di “OltreStura Futura” evidenzia la realtà piemontese: «I piccoli Comuni, se si fondono, mantengono il diritto agli stanziamenti statali – prosegue la Sforza – e percepiscono degli incentivi molto più importanti. L’Unione montana della Val Chisone e Germanasca, ad esempio, conta 17.550 abitanti, 14 sindaci e costa oggi, a tutti i cittadini italiani, per le sole voci sindaco e segretario comunale, circa 800mila euro all’anno. Se l’Unione montana si trasformasse in Comune unico, la spesa per l’erario scenderebbe a un decimo dell’attuale ed avrebbe un incentivo di 2 milioni di euro all’anno per 15 anni. Questa somma, investita da un unico centro di spesa, certamente in un’ottica di valle e interesse comune, davvero bloccherebbe lo spopolamento e migliorerebbe moltissimo l’economia locale e il tasso di occupazione. Nessuno dei sindaci dei Comuni fusi in Italia si è finora pentito della scelta e neppure i cittadini che hanno, di solito, riconfermato la fiducia a quegli amministratori che hanno avuto il coraggio di condurli fuori dalle paludi della marginalità.
La situazione del Piemonte è tra le più severe in Italia: abbiamo 940 Comuni sotto i 3.000 abitanti, di cui 570 sotto i 1.000 abitanti e 31 al di sotto dei 100 abitanti». Non manca, infine, un appello agli amministratori locali: «Vogliamo rassicurare tutti, ed in particolare chi dice che i Comuni moriranno – conclude la Sforza con la fusione non muore nessun Comune, anzi, rinasce e rifiorisce con il suo nome e le sue usanze come frazione del Comune neonato. È il momento per i sindaci di dimostrare che veramente hanno a cuore i cittadini che li hanno votati e i loro territori, pensando soluzioni coraggiose e sfuggendo gli sterili lamenti.
Un contributo a risolvere questa situazione potrebbe arrivare dalla Regione, che potrebbe avviare un piano per le fusioni. Non ci stancheremo di ripetere che lo strumento dell’Unione ha dimostrato di non funzionare per i piccoli Comuni, privi di risorse da mettere in comune. Le Unioni possono invece funzionare bene solo tra Comuni al di sopra dei 5mila abitanti. Chi non vuole ammetterlo è in evidente cattiva fede».