In Piemonte i dottori sono meno di quanti servirebbero, 2.800 rispetto ai quasi 4 mila stimati necessari dopo un calcolo dell’assessorato e dei sindacati. E questo, va da sé, rende sempre meno gestibile l’assistenza sul territorio. La maglia nera spetta all’area metropolitana di Torino con una carenza di 200 medici: solo per la città di Torino servirebbero 70 medici in più. Ne mancano 60 all’Asl To4 (Cirié, Chivasso e Ivrea).
E, soprattutto, sono pochi i medici di libera scelta che hanno accettato l’assegnazione in un Comune di montagna. Quel che è peggio, segnalano i sindacati di categoria, anche se ne parla poco, è l’abbandono precoce dei giovani medici di famiglia che, pochi anni dopo aver aperto lo studio, lasciano la professione perché in burnout, oberati dalla burocrazia e dalle richieste inappropriate.
A Corio ad esempio la situazione risulta essere piuttosto complicata. A ribadire lo stato di emergenza è lo stesso sindaco di Corio, Sergio Motta. «Abbiamo solo più una dottoressa che, stante l’età, credo andrà in pensione tra un paio di anni. Molti cittadini già si rivolgono a medici di altri Comuni, come Balangero o Mathi. Però la Regione ha recentemente fatto un bando per il reclutamento dei medici di base e questo, a parer mio è già un primo passo – afferma Motta. Dovessimo vedere che nessuno si è fatto vivo e il bando andasse deserto allora adotteremo le misure necessarie. È impensabile, infatti, che una donna incinta, un anziano o un ragazzo che non abbia ancora la patente debba recarsi in un comune irraggiungibile con i mezzi pubblici per far-si vedere dal proprio medico. Cosa che dovrebbe essere invece un diritto di tutti».
«I sindaci sono rimasti con il cerino in mano alla ricerca di medici di base per le loro comunità. È drammatico ma la situazione è indotta da soluzioni mai trovate negli ultimi anni – avvertono Roberto Colombero e Marco Bussone, rispettivamente presidente piemontese e nazionale dell’Uncem -. Con la spasmodica scelta di finanziare sanità privata e gettonisti con enormi cooperative mosse da ideali non sempre vincenti e virtuosi, siamo rimasti senza medici di base». «E i sindaci dei territori montani di tutto il Piemonte, di tutto il Paese sono sulle barricate – continuano -. Vogliono risposte per le loro comunità, molto molto preoccupate tantopiù in questa fase di forti flussi estivi. Vogliamo sperare che il ministro della Salute batta un colpo e dia un segnale insieme con la Regione».
Per il presidente dell’ordine dei medici di Torino, Guido Giustetto non c’è da stupirsi: «È stata sbagliata la programmazione, che non ha tenuto conto dei pensionamenti. Il lavoro è diventato molto pesante perché si è chiamati a soddisfare enormi richieste da parte della popolazione. Altro problema, il carico enorme dal punto di vista amministrativo. Bisogna che i medici lavorino più insieme e assumano personale di studio».