C’è stato un prete a Ciriè un tempo che oggi ricordano soprattutto per quello che all’epoca, erano i primissimi anni ‘80, fu uno «scandalo». Posto che immamorarsi della donna con cui avrebbe passato i restanti 43 anni della sua vita è tutto meno che una cosa scandalosa ma, semplicemente, una bellissima storia d’amore e coerenza (la questione del celibato per i sacerdoti è ancora un dogma ma anche un argomento di grande attualità, con annesso dibattito nella società e soprattutto al Vaticano), abbandonare l’abito talare per Giacomo Alessio, quello che negli anni ‘70 fu il mitico Don Giacomo, fu una scelta oltreché obbligata, sofferta e dolorosa.
E questo perchè Giacomo quell’abito che dovette dismettere – amore e regole ecclesiastiche a parte – non l’aveva mai delegittimato, tantomeno disonorato, anzi. Per purezza di fede e per spirito di servizio, in cui certamente credeva e che ha portato avanti con Don Ciotti anche da laico. A pochi giorni dalla sua scomparsa è giusto rammentarlo.
Ed oltre ad una ventata di sobrietà portata a Ciriè col suo ingresso in parrocchia nel 1972, Giacomo seppe coinvolgere i giovani e le loro famiglie, soprattutto quelle più in difficoltà. Ai ragazzi regalò oltre alla sua attenzione, l’attuale “Crest” dove l’oratorio svolge i campi estivi; non solo, mobilitò un’intera città per portare aiuti in Friuli per il terremoto del 1976 ed era sempre in prima linea contro il disagio dei più deboli. Proverbiali erano le omelie contro l’ipocrisia e lo sfarzo di una certa parte di società -la domenica sempre a messa- ma altrettanto incoerente per “atti o omissioni”.
«È un prete ideologico», dicevano. Sì, con le idee giuste…