di Toni Farina*
Dicembre 2023: Il Monveso, San Besso e Dubai…
Che c’entrano, è l’ovvia domanda. Cosa lega la Valle Soana alla città che, in questi giorni, ospita la Cop 28? L’ennesima “conferenza di quelle parti” che faticano a essere un’unità di intenti. Ci pensavo ieri, domenica 3 dicembre, risalendo una valle silente e geliduccia. Come ormai d’abitudine nelle giornate di buona visibilità, poco primo di Ronco, là dove, terminata la sequenza di curve, si schiudono le prospettive, mi sono fermato per un omaggio visivo al Monveso. Quasi una ricerca di conferme (ci sarà ancora?), di riferimenti certi in quest’epoca di sbandamenti. C’è ancora certo, piramidale e coperto di neve. Si staglia altissimo nel cielo invernale, ben più alto del Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo con cui laggiù, negli emirati, si sfidano i limiti della gravità e della tecnica. Il più alto in attesa del prossimo, una sfida a trafiggere il cielo. Una sfida per il nulla. Babele ben poco ha insegnato. Ma cosa vuoi che siano gli ottocentotrenta metri del grattacielo contro i tremilatrecento del Monveso. Ancora molto petrolio occorrerà cercare nelle viscere di questa nostra e martoriata Terra per arrivare lassù. Per arrivare in Paradiso.
Babele ben poco ha insegnato.
E di limiti si parla in questi giorni sul Golfo Persico. Cullati dagli emiri si cercano limiti a uno sviluppo senza futuro. Una faticosa (e forse impossibile) quadra fra un emiro che “senza petrolio si torna alle caverne” e il Segretario generale delle Nazioni Unite (si fa per dire) che “se non si cambia siamo fottuti”. Ecco allora che centra il Monveso, montagna simbolo che mai ho salito e mai salirò (e anche volendo temo non ci riuscirei più, l’età conta). Simbolo di limite condiviso, arduo da spiegare ma necessario. Simbolo di astensione, di non-presenza. Montagna Sacra per la natura, da lasciare a esclusiva frequen- tazione degli esseri viventi. Al contrario di San Besso, simbolo di devozione secolare, di umana presenza. Due luoghi sacri di diversa concezione. Diversi, non contrapposti. San
Besso, la meta della camminata odierna. Niente neve, molto ghiaccio, esercizi di equilibrismo sulla strada per l’Azaria. Ghiaccio insidioso anche sul sentiero, la pioggia e l’intenso calpestio di venerdì, festa d’inverno al santuario sotto la rupe. È l’ennesima volta, conosco il percorso a memoria, ma ogni volta è bello uscire dal bosco nella conca sotto la e la Rosa dei Banchi, oggi senza banchi. Come d’abitudine mi fermo e cerco con lo sguardo la rupe e il santuario: ci sarà ancora? La necessità di conferme, di riferimenti certi… Quando arrivo lassù il sole sta ormai per andare oltre i crinali. Intorno silenzio e poca neve, anche il vento ha fatto il suo lavoro. Quella neve naturale che sempre più si fa desiderare, e le olimpiadi d’inverno si faranno nel deserto d’Arabia. Petrodollari imperano, a Dubai si discute.
A Dubai, strano davvero questo mondo. Come non pensarlo qui, al riparo della rupe del Fauterio che da secoli vigila su umani e camosci. Già i camosci. Inutilmente li cerco sul pendio sgombro dalla neve di là dal rio. Una loro rappresentanza sarà a Dubai, ne hanno ben diritto anche loro. E gli altri chi lo sa, più in alto sui precipiti pendii della Rosa. Oppure in pianura, ai mercatini di Natale.