di TONI FARINA* (*Ata-ex consigliere Parco Nazionale Gran Paradiso)
Una giornata di animo invernale, tipica dell’inizio primavera, ha vivacizzato la camminata organizzata martedì 4 aprile dall’ANPI e dalla Società Operaia di Ciriè con un gruppo di studenti delle scuole superiori di Ciriè (nell’ambito del Progetto Ciriè Resistente 2022/2023). Una bella e meritevole iniziativa: in vista del 25 Aprile è bene ravvivare la memoria e soprattutto lanciare messaggi ai “proprietari” del futuro. Partenza da Corio, salita a Piano Audi sulla mulattiera. Pranzo al Ristorante Baima: pasta al sugo, milanese e partine fritte, menù giovanile anche per gli accompagnatori. Ritorno dalla Borgata Ritornato sul versante opposto della valle.
Un bel percorso ad anello oggi possibile grazie alla valente opera dei volontari dell’Associazione Sentieri Alta Val Malone. Momento clou della giornata è stato il coinvolgente e toccante intervento sulla piazzetta della borgata, davanti alla biblioteca (luogo della Resistenza) da parte del partigiano combattente 95enne Marco Fassio. Nonostante l’appetito e la temperatura esortassero a entrare nel ristorante, gli studenti sono rimasti lì ad ascoltare. Bravi, un segnale incoraggiante da questi giovani di ultima generazione.
Ultima Generazione, last generation: di questi tempi trovano ampio spazio sui media le gesta “estreme” di questo movimento. “Esagerano”, “non è il modo”, “è controproducente”. Sarà anche così, fatto sta che si spendono più parole a commento dei loro gesti che della ragione che li spinge a farli. Ogni volta che vengo a conoscenza di una loro manifestazione, mi viene spontaneo pensare alla “prima generazione”. First generation, l’esordio sul Pianeta di Homo sapiens. Che Pianeta lo accoglieva? Cosa c’era intorno a lui? A che pensavano i componenti la prima generazione umana? Al futuro immediato, certamente. Nutrirsi: raccogliere, cacciare, erano gli imperativi. Un mondo difficile il loro, molto selettivo. E perciò non diverso da oggi.
Il futuro era certo una “terra straniera”, ma non mancavano le risorse, che, seppur non equamente distribuite, abbondavano. E così è stato per decine di migliaia di anni. Migliaia di anni da “My generation”. Anni ’60 del secolo scorso. Pete Townshend, leader indiscusso dei mitici Who scrive questo brano che diventa l’inno dei Mod. Il riff di chitarra è uno dei tanti, sono le parole a colpire: “I hope I die before I get old (Spero di morire prima di diventare vecchio)”. Per fortuna il suo desiderio non è stato esaudito e Pete, oggi vecchierello e forse anche saggio, continua a deliziarci con la sua chitarra (a quei tempi più volte sfasciata..). La fretta di vivere, di consumare l’esistenza fu ribadita tra gli altri dal collega Jim Morrison: “We want the world and we want it now”. A differenza di Pete, Jim non è più con noi. Di lui rimangono la voce, la leggenda e un angolo nel cimitero del Père-Lachaise, a Parigi, luogo di intenso pellegrinaggio. Che anni quelli. C’era fretta e tutto da allora è accelerato.
In pochi anni sono accadute più cose che nei restanti settantamila da che esiste la specie umana. Dicesi Antropocene: Internet, l’intelligenza artificiale, la ChatGBT. Dopo la Luna forse si andrà su Marte, già si scaldano i motori. Ma il rischio è che si tratti di una fuga da un Pianeta troppo plasmato a misura di specie umana. Per i ragazzi di last generation, troppo consapevoli, Il futuro non è una terra straniera, ma un luogo che fa paura. O meglio, un non luogo.
Che fare allora? Qualche spruzzo di lavabile vernice su un muro è troppo?