Il 2020 è stato il primo e sciagurato anno del Covid e di tutte le sue limitazioni. Del lokcdown e delle severe restrizioni che hanno sigillato in casa tutti, anche gli appassionati di montagna. Che poi è stata presa d’assalto quando, in primavera inoltrata e in estate, è scattato il «liberi tutti». Un esodo di alpinisti più o meno esperti, semplici camminatori, rocciatori, escursionisti provetti ed esordienti e poi, con l’arrivo della neve, ciaspolatori e appassionati di sci alpinismo che, ogni tanto si sono messi nei guai. Per questo il 2020 è stato un periodo di super lavoro per i volontari del Soccorso Alpino piemontese con 2.146 richieste di aiuto (nel 2019 erano stare 1989), 1.399 missioni effettuate e ben 1.512 persone raggiunte nei posti più impervi, ma anche su un semplice sentiero. Di queste 417 erano illese, 1.018 ferite più o meno gravemente e, purtroppo, per 77 non c’è stato nulla da fare.
«Sono numeri sorprendenti, soprattutto se teniamo conto che, per cinque mesi, non si è potuto praticare attività fisica in certi contesti», riflette Luca Giaj Arcota, il presidente del Soccorso Alpino piemontese che conta poco meno di 1.200 volontari distribuiti nelle 54 stazioni dislocate in tutte le principali vallate alpine e appenniniche. E avverte: «È fuori dubbio che, se la prossima estate sarà accompagnata dal bel tempo, la gente tornerà in quota e per noi sarà un’altra stagione di grande impegno». Come un sabato dello scorso luglio quando gli specialisti del Sasp furono costretti ad intervenire 26 volte. Questo tenuto conto che la media giornaliera è andata dalle 10 alle 15 missioni di salvataggio.
Delle 1.512 persone soccorse 656 sono state raggiunte esclusivamente dalle squadre a terra, contro le 856 recuperate con il supporto dell’eliambulanza del 118. L’81% delle missioni di soccorso hanno riguardato persone infortunate, il 14% sono state ricerche di persone disperse. Le principali cause di infortunio in montagna sono le cadute (39%) seguite dai malori (16%), e riguardano gli uomini nel 71% dei casi e le donne nel 29%.
«Noi, da sempre, diramiamo le nostre raccomandazioni rivolte a chi si avventura in montagna, a cominciare dal prestare molta attenzione alle previsioni meteo fino all’equipaggiamento da adottare per una semplice camminata – continua Giaj Arcota – ma, ogni tanto, qualche frequentatore non è consapevole di quello che sta facendo o di dove sta andando e così si può cacciare nei guai». L’incremento di interventi che ha caratterizzato il 2020 si ripercuote anche sulle ore uomo in attività di soccorso che sono aumentate a 37.768 rispetto alle 29.005 del 2019. In vista dei mesi da bollino rosso, ci sono anche alcune novità. I volontari del soccorso alpino potranno infatti essere affiancati dalle truppe degli alpini della Brigata Taurinense in quelle situazioni dove è necessario un intervento specializzato per aiutare persone in pericolo di vita in territorio impervio o montano. Questo grazie ad un accordo siglato un mese fa dal comandante delle Truppe Alpine, il generale Claudio Berto con il presidente del Soccorso Alpino Nazionale, Maurizio Dellantonio.
«L’altra è che abbiamo ricevuto oltre un centinaio di domande da parte di giovane che vogliono entrare a far parte della nostra grande famiglia – termina Giaj Arcota – e questo ci fa guardare il futuro con ottimismo, tenuto conto che ci sono altri 43 ragazzi che hanno superato le selezioni e stanno affrontando la formazione con tutte le difficoltà derivanti dalla pandemia».