Le statistiche “in tempo di pace” confermano che uno dei posti più pericolosi per l’incolumità umana sarebbe proprio la casa, e non solo se il marito è un violento o peggio un femminicida. Il numero annuale degli incidenti domestici mortali o anche solo invalidanti è di quelli importanti (3,5 milioni in Italia nel 2017), è un dato statistico consolidato in tutto il mondo occidentale. Tanto per rispondere a coloro che in questi giorni hanno addotto, tra le motivazioni per le quali anche i “runner solitari” se ne dovevano stare a casa, quella dell’eventuale podista che si fa male correndo e, ovviamente, essendo un asintomatico ma positivo al Covid-19, finisce di lì a poco per infettare tutto il pronto soccorso.
Come se in questi giorni, chiusi in casa o mobili se abilitati al lavoro, non ci siano moltitudini di persone – infermieri e medici compresi – che non sanno di esserlo, dato che sui tamponi, deprecabili eccezioni da vip a parte, vigono le caratteristiche di scarsità e rarità care ad altri presidi di questa emergenza che, tra i tanti ribaltamenti (anche percettivi) della realtà, è pure riuscita a fare della figura in assoluto meno incidente ai fini della propagazione di questo virus il perfetto capro espiatorio del momento. È stato così, in un crescendo wagneriano di ostilità peraltro manifesta, fino a venerdì scorso (20 marzo), alla vigilia dell’ultimo decreto governativo e delle ulteriore strette che hanno detto stop anche ai podisti. Molti di loro, chi scrive compreso, per la verità avevano iniziato a rarefare la propria attività già qualche giorno prima. E non solo perché iniziavano le chiusure comunali o regionali di parchi e aree verdi, come la Mandria per esempio, ma perché stufi di essere apostrofati, insultati o peggio, come se si fosse davvero l’origine dell’orrida pandemia (sic): nello specifico di Ciriè ci sono peraltro vaste aree di campagna dove nel raggio di dieci chilometri il sottoscritto – tra l’altro in orari improbabili come pausa pranzo o tarda sera incontra in media un cristiano e un cane per volta… pazienza.
In ogni caso le nuove regole tagliano la testa al toro e al momento le scarpette – da bravi e diligenti e coscienziosi cittadini – si ripongono per un po’ nel dimenticatoio, ma l’aria che ha portato al clima d’odio verso runner e padroni di cani “incontinenti” deve far riflettere. Intanto su certe ambiguità e ambivalenze della stessa comunicazione istituzionale. Così, ancora poche ore prima dall’entrata in vigore delle nuove restrizioni, l’Oms dava il suo contributo alla confusione generale affermando in antitesi all’Iss – sebbene correttamente – che proprio in questo periodo sarebbe stato meglio non interrompere – con tutte le cautele del caso – l’attività fisica all’aperto. A dirlo, sì, proprio l’Organizzazione Mondiale della Sanità in una comunicazione ufficiale della scorsa settimana, appunto: «Durante questo momento difficile è importante continuare a prendersi cura della propria salute fisica e mentale. Questo non solo aiuterà a lungo termine, ma aiuterà anche a combattere Covid-19, in caso di contagio». C’è anche da dire che se il numero dei podisti improvvisati e assembrati fosse stato meno evidente forse parleremmo d’altro, ma tant’è…
L’altro aspetto inquietante di queste riflessioni riguarda, oltre ai sacrosanti controlli sul rispetto delle regole imposte dai decreti, le modalità benché decise ed efficaci ma “democratiche” con cui debbono venire effettuati dalle forze dell’ordine – certamente tra le categorie più impegnate e a rischio nel contrastare l’emergenza e per questo vanno ringraziate e sostenute- ma in nessun caso legittimate a cosiddetti “abusi in divisa”: per fortuna non è il caso del nostro territorio, fatta eccezione per qualche ingiustificata ramanzina anti podista.
Alla fine le restrizioni anche per i runner sono state confermate dalle ultime disposizioni delle autorità: pericolosità a parte della categoria sui cui parrebbe non siano d’accordo nemmeno Oms e Iss, forse lo stop è stato un bene: nei giorni scorsi anche nelle nostre strade non sono mancati insulti e attacchi alla gente che correva nelle strade di campagna della zona ancor prima dell’entrata in vigore dell’ultimo Dpcm ma segnalazioni e denunce su presunte prevaricazioni, forse anche fomentate da psicosi e clima di intolleranza dovuto alla crescente sofferenza sociale, sarebbero in preoccupante aumento in tutto lo Stivale. Atteggiamenti che vanno subito ricacciati e con essi gli scenari che giocoforza possono evocare, soprattutto in un momento dove ansia, angosce ed autentico disagio, sanitario, economico e sociale, non mancano. Perché passi pure la metafora della Guerra, ma senza dimenticare che (ancora) non c’è e che la Democrazia non è e non deve essere in discussione.