In un’intervista concessa ad un collega il neo coordinatore cittadino della Lega, Piercarlo Levak, giovane studente già fortemente impegnato nel sociale attraverso il Comitato di Borgo Loreto e gli Alpini, ha dichiarato che ad avvicinarlo al partito di Salvini è stato il concetto di «patria». La Lega oggi incarna il cosiddetto sovranismo e strizza l’occhio anche in chiave internazionale alle ultradestre nazionaliste.
Ma non è sempre stato così anche se Levak, dall’alto della sua verdissima età, non ha vissuto quel periodo. Che poi non è così lontano se è vero che, “solo” dieci anni fa, il patriota Matteo Salvini, suo segretario federale ed ex ministro dell’Interno, è stato destinatario di un decreto penale per razzismo. Verso italiani però… con la condanna ad una pena pecuniaria per avere violato la legge Mancino, che punisce chi compie azioni discriminatorie, per alcuni cori contro i napoletani. Ma era ancora il tempo della Lega Nord ed evidentemente i meridionali non erano ancora così “patrioti”. Il decreto è negli atti del processo a Torino che vede il leader del Carroccio imputato di vilipendio dell’ordine giudiziario.
Tra quei bontemponi che intonarono insieme a Matteo Salvini il coro sui “napuli”, c’era anche un consigliere provinciale torinese, residente peraltro nella nostra zona e che sarà tra i protagonisti suo malgrado (per non essere stato candidato alle regionali dai vertici della Lega Nord) dei malumori che portarono all’azzeramento del Carroccio locale e dei suoi dirigenti (il consigliere comunale ciriacese Fulvio Laziosi, l’ex deputato Walter Togni e la volpianese Monica Camoletto, ndr) prima della svolta salviniana, che partirà di lì a poco e che nel giro di pochi anni ci consegnerà l’attuale Lega, quella senza il Nord nel simbolo.
Il consigliere canterino, peraltro giovanissimo, immortalato in un video a cantare contro i napoletani alla festa di Pontida insieme all’epoca parlamentare europeo Salvini era Alessandro Albano e risiedeva a Balangero. Albano si difese adducendo al gesto il significato goliardico di un coro da stadio e che non voleva offendere nessuno. E finì lì. Anche Salvini si difese mettendo di mezzo la sua fede da ultras rossonero ma il decreto di condanna lo beccò lo stesso.
Il nostro territorio – nel quale la vecchia Lega Nord ha anche amministrato e prodotto dirigenti politici di un certo peso – non sempre ha portato male al “Capitano Verde” ed è stato testimone privilegiato della trasformazione leghista promossa da Salvini, quando la Lega bossiana travolta dagli scandali era scesa attorno al 4%, evocando le “ramazze” della pulizia e focalizzando tutto sul caso esodati e sul “capro espiatorio” Elsa Fornero. Una campagna ben monetizzata, con ai suoi albori una mattina d’aprile 2014 proprio da sotto la casa a San Carlo Canavese dell’ex ministro del Governo Monti.
Chi scrive mai avrebbe detto che quel centinaio (scarso, a momenti erano di più i giornalisti e gli agenti di polizia) di persone che seguirono il segretario leghista in piazza Cantù sarebbe stata la prima tessera di un puzzle che ad oggi ha oltre il trenta per cento della copertura. Quella mattina Salvini, si era presentato con la famigerata felpa blu con la scritta “Stop Fornero”, lo slogan che «Tenere le persone al lavoro fino a 67 anni è un crimine » e l’invio di un “bacione ferale” in direzione di casa Fornero.
Ripropongo qui il “colore” che annotai a margine dell’happening: «…le signore che (peraltro avrei giurato non fossero elettrici leghiste, oggi di certo lo sono) che sgomitavano per fare il selfie con Matteooo!! e che subito dopo si chiedevano chissà su quale giornale, Tv o social avrebbero potuto rivedersi; il sedicente vicino di casa della professoressa che si fotografa, si bacia e si congratula col segretario del Carroccio, salvo poi aggiungere che la professoressa Fornero è una persona eccezionale di cui tutto il paese è fiero ed orgoglioso…». Siamo un Bel Paese.