Per ora l’emergenza riguarda particolarmente la Valle di Susa ma è utile fare attenzione anche per quel che concerne le vallate confinanti, come le nostre Valli di Lanzo: stiamo parlando dei casi di Trichinellosi veicolata da carne di cinghiale -, al momento circa una ventina, registrati dai medici del pronto soccorso dellospedale di Susa. Casi che – come conferma una nota dell’Asl To3 – i sono stati confermati dagli accertamenti effettuati presso l’ospedale Amedeo di Savoia di Torino.
“Si tratta di cacciatori o di loro parenti e amici, tutti residenti in Val di Susa, che hanno consumato nei giorni precedenti salumi freschi di cinghiale – aggiunge l’Asl nella nota diffusa oggi – Si sono presentati in ospedale riferendo di disturbi gastrointestinali, e in alcuni casi dolori muscolari e febbre: all’esame del sangue i medici hanno rilevato un aumento significativo dei granulociti eosinofili, tipico in casi di malattie parassitarie, che ha fatto nascere il sospetto di Trichinellosi».
La Trichinellosi umana – informano le autorità – non si trasmette da persona a persona ma la trasmissione avviene esclusivamente per via alimentare, attraverso il consumo di carne cruda o poco cotta. È una patologia collegata alla tradizione della macellazione domiciliare, ma al contrario non sussistono problemi per la carne proveniente dai macelli o dai salumifici controllati dall’Asl.
Intanto, i medici del SIAN – Servizio di Igiene degli Alimenti dell’Asl To3 – stanno svolgendo le indagini sulle persone coinvolte, su tutti i cacciatori del gruppo di caccia ed i loro familiari, mentre i veterinari dell’Area B di Igiene degli Alimenti di origine animale hanno proceduto al sequestro di tutti i salami di cinghiale ancora in possesso dei cacciatori, che sono stati esaminati dall’Istituto Zooprofilattico di Torino con esito positivo. L’Asl ha allertato tutti i presidi sanitari della zona, informandoli dei casi avvenuti.
Gli esperti spiegano inoltre che la malattia era assente da anni dal territorio, ma nell’ottobre del 2017 era stata riscontrata una positività all’esame trichinoscopico in un cinghiale cacciato nel territorio di Villar Focchiardo, a cui aveva fatto seguito una campagna informativa del Servizio Veterinario dell’Asl To3 destinata ai cacciatori, con l’obiettivo di sensibilizzarli sulle misure di prevenzione da adottare.
Il vademecum dell’Asl per conoscere l’infezione, prevenirla e curarla
La trichinellosi è una zoonosi causata da vermi cilindrici (nematodi) appartenenti al genere Trichinella, un parassita che inizialmente si localizza a livello intestinale per poi dare origine a una nuova generazione di larve che migrano nei muscoli, dove poi si incistano.
Tutte le specie di Trichinella sono in grado di infestare molti mammiferi, in particolare i carnivori, ma anche roditori e onnivori, inclusi i maiali ed occasionalmente gli erbivori, come i cavalli. Gli animali sono colpiti dai parassiti in particolare nelle masse muscolari e il muscolo più interessato è il diaframma (pilastri), seguito dal massetere, cioè il muscolo masticatorio. Si riconosce un ciclo domestico, che coinvolge soprattutto i suini, e un ciclo silvestre, caratterizzato dalla presenza di predatori (volpe, lupo e mustelidi) e loro prede (cinghiali, roditori ecc.).
Modalità di trasmissione all’uomo
La trasmissione all’uomo avviene esclusivamente per via alimentare, attraverso il consumo di carne
cruda o poco cotta contenente le larve del parassita annidate nei muscoli sotto forma di cisti. La più
comune fonte di infezione è la carne di selvaggina, in particolare di cinghiale. La trichinellosi non si
trasmette da persona a persona. Il periodo di incubazione è generalmente di circa 8-15 giorni, ma può variare da 5 a 45 giorni a seconda del numero di parassiti ingeriti.
I sintomi e la diagnosi
Le manifestazioni cliniche dell’infestazione da Trichinella possono variare da forme asintomatiche a
manifestazioni che possono persino risultare mortali in casi particolarmente gravi, a seconda della
quantità di larve migrate nei tessuti, della loro localizzazione nei muscoli e della specie di trichina. Nella fase iniziale si possono avere sintomi gastrointestinali (diarrea, dolori addominali, vomito) dovuti ai parassiti adulti presenti al livello dell’intestino tenue; successivamente si manifestano dolori muscolari, debolezza, sudorazione, edemi alle palpebre superiori, fotofobia e febbre.
Prevenzione
La trichinellosi può essere prevenuta osservando le seguenti misure igienico-sanitarie: la carne va consumata ben cotta, in modo che le eventuali larve presenti vengano inattivate o distrutte dal calore (la temperatura della carne nel suo interno deve raggiungere almeno i 70° per tre
minuti): il colore della carne deve virare dal rosa al bruno; la selvaggina e i maiali macellati a domicilio devono essere controllati dal Servizio Veterinario con l’invio all’Istituto Zooprofilattico di un campione di muscolo (diaframma) per evidenziare l’eventuale presenza delle larve del parassita nelle carni (esame trichinoscopico); se non è stato eseguito l’esame trichinoscopico bisogna congelare la carne per almeno 1 mese a – 15°C: un congelamento prolungato, infatti, uccide le larve; quando si macella il suino a domicilio è consigliato usare guanti monouso e pulire e disinfettare bene gli strumenti utilizzati; salatura, essiccamento, affumicamento e cottura nel forno a microonde della carne non assicurano l’uccisione del parassita.
Consigli pratici per il cacciatore
Identificare il capo abbattuto (fascetta inamovibile ed univoca); lavorare separatamente i capi cacciati, utilizzando guanti monouso (possibile contaminazione
nelle fasi di lavorazione a mani nude); lavare e disinfettare coltelli ed attrezzatura utilizzata fra un capo e l’altro; identificare i sacchetti utilizzati per riporre le carni sezionate con un riferimento univoco alla carcassa (es. numero fascetta) o utilizzare scomparti diversi del congelatore dove stoccare le carni; non consumare carne cruda (insaccati) o poco cotta prima dell’esito dell’esame
trichinoscopico.