L'accorata lettera dellAssociazione aiuto giovani diabetici
Bullismo e bambini diabetici. l’Agd scrive al Risveglio
«Il ragazzo protagonista del recente fatto di cronaca ha il diabete di tipo 1. Non è da confondere con quello di tipo 2»
Riceviamo e volentieri pubbilchiamo:
«In merito agli atti di bullismo ai danni dello studente diabetico a cui il vostro giornale ha giustamente dedicato ampio spazio negli ultimi giorni, le associazioni AGO Italia e AGO Piemonte Valle dlAosta, che offrono supporto ai ragazzi affetti da diabete di tipo 1 e alle loro famiglie, desiderano rendere chiara la loro posizione e fare alcune precisazioni.
In primo luogo, come cittadini e genitori, consideriamo con estrema preoccupazione e condanniamo con la massima fermezza ogni azione intenzionale mirata ad arrecare danni morali, biologici ed esistenziali ad un’altra persona. Il bullismo incide sulla qualità della vita di chi ne è vittima, ne impedisce un sereno sviluppo e ne limita la libertà. Dagl i studi citati nel vostro articolo comparso online il 28 maggio scorso risulta addirittura che esista una correlazione tra Ilessere vittima di bulli e l’linsorgenza di alcune malattie, tra cui il diabete di tipo 2.
A questo proposito, tuttavia, è per noi doveroso offrire un chiarimento. Come si sarà potuto notare da quanto scritto finora, esistono due tipi di diabete, distinti, nel nome, da un semplice numero (tipo 1 o tipo 2) ma che di fatto presentano significative differenze nelle cause, nelle modalità in cu i si presentano e nel trattamento.
Il ragazzo protagonista, suo malgrado, del recente fatto di cronaca, ha il diabete di tipo 1, anche definito diabete giovanile o insulinodipendente. Si tratta di una malattia cronica che si sviluppa in genere durante gli anni dell’adolescenza, ma può comparire anche in bambini piccolissimi ed è causata dalla distruzione, su base autoimmunitaria, delle cellule del pancreas che producono l’insulina, l’ormone fondamentale per metabolizzare gli zuccheri assunti con l’alimentazione.
Le sue cause non sono ancora state individuate con certezza, ma ad oggi non ci risultano studi scientifici che confermano il fatto che vi sia una correlazione tra esso ed eventuali atti di bullismo subiti, così come con lo stile di vita e l’alimentazione adottati dal paziente nei periodi precedenti l’esordio della malattia (relazione invece esistente con il diabete di tipo 2). Ciò significa anche che, attualmente, non si è purtroppo in grado di prevenire il diabete giovanile, e non è possibile guarirne. L’unico rimedio è l’assunzione di insulina tramite iniezioni sottocutanee, una pratica essenziale non solo per rimanere in buona salute, ma per restare in vita: ecco il perché della gravità del “danno collaterale” che i violenti compagni hanno arrecato al ragazzo, mettendo fuori uso il suo sistema per la somministrazione di insulina.
Benché sempre a confronto con una patologia decisamente “ingombrante”, le ragazze e i ragazzi con diabete tipo 1, proprio come ogni altro loro coetaneo, possono vivere una vita piena e ricca di soddisfazioni e inseguire i loro sogni, ma ciò risulta più facile se il contesto in cui crescono è adeguatamente informato sulla loro condizione e pronto a sostenerli nelle difficoltà che la malattia e la sua gestione quotidiana comportano.
Per questo motivo AGO, oltre a proporre attività formative e ricreative per i giovani diabetici, si occupa di tenere i contatti con enti scolastici locali e sviluppare iniziative di diffusione della conoscenza e delle pratiche legate al diabete nella scuola. Invitiamo chi voglia approfondire queste tematiche a visitare i nostri siti www.agditalia.it e www.agdpiemonte.it »
Gentili signori, prendiamo atto delle opportune precisazioni che ci ponete e con esse la ferma e condivisa determinazione nel favorire tutte le iniziative, partendo da quelle di comunicazione e supporto ai ragazzi vittime di bullismo, a maggior ragione in casi come quello ampiamente citato. Nello specifico degli studi di cui si parla nell’articolo in questione si è trattato di allargare il discorso in maniera ampia per segnalare come sempre di più la scienza indaga, e scopre, relazioni tra la qualità della vita – e come si vive la dimensione scolastica o lavorativa ne è un chiaro indice – e la possibile insorgenza di malattie.
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