Dalla rabbia delle origini che hanno inventato uno stile unico e conosciuto in tutto il mondo alla saggezza e consapevolezza della maturità. Paolo “Chinaski” Pavanello spiegava così, recentemente in una intervista, il cambio di passo dei Linea 77, celebre band torinese di cui è il chitarrista e molto di più che un mero musicista. Testi in italiano e più inclini al tramestio sentimentale del disagio percepito nella società, tradotto in una musica che ha addolcito il punk in un rock che indulge verso la pietas e la comprensione, piuttosto che lo scontro, sono infatti le caratteristiche principali degli ultimi lavori dei “Linea”.
Un percorso artistico – quello della band che dalle periferie torinesi di quasi trenta anni fa è arrivata a suonare nell’Olimpo internazionale del genere – quasi contestuale all’ingresso in politica di Pavanello, che nel frattempo è diventato anche un manager di successo dell’Indie che conta con gente come la torinese Levante e gli Ex Otago. Insomma, cantautorato di qualità insomma.
Non che negli anni scorsi fossero mancati alcuni suoi raid in contesti politici anche pur sempre da ospite e intellettuale, stavolta si candida nel solco del progressismo e lo fa come chi ha il concetto della meritocrazia e della “gavetta inside” e con esso il senso della fatica, ben presente, che vuol dire che non è vero che se uno fa il musicista non sa cosa è, anzi.
Pavanello, che è uno che ha un nome e probabilmente avrebbe delle “entrature”, parte dal primo gradino, dal ruolo di aspirante consigliere in una lista civica del paese in cui vive, Front.
Per umiltà. E per esigenza civica ed esperienzale. Così come è nelle corde, almeno per come la vede chi scrive, di un rocker autentico e quindi anche di una brava persona.