La tragica scomparsa del musicista ha scatenato un dibattito molto acceso sui social dove sono intervenuti diversi professionisti lamentando la situazione in cui spesso lo Stato lascia chi ha deciso di vivere per la musica e poi si trova senza un aiuto quando rimane solo
A due settimane dalla morte di Max Arminchiardi non si è ancora spenta l’eco della tragica notizia che ha destato cordoglio in tutta la nostra zona e non solo: il virtuoso della chitarra uccisosi lunedì 4 marzo lanciandosi da un ponte a Lanzo era conosciuto ben oltre i nostri confini, come è noto aveva incrociato la sua vita professionale a grandi nomi della musica: la sua triste fine, epilogo di una parabola comune a molti grandi artisti in difficoltà ha avuto, se così si può dire, il merito di porre all’attenzione pubblica le problematiche oltreché esistenziali, economiche e previdenziali di coloro i quali, per un motivo o l’altro, rimangono fuori dal luccichio effimero dello show business. La mancanza di tutele per chi, in questo mondo, sta spesso all’ombra di qualcuno, facendone le fortune, è stata rimarcata da molti interventi di colleghi ed ex colleghi di Max. Noti e meno noti.
Tra quelli più famosi non è mancato il contributo di Alexia, la cantante che Arminchiardi accompagnò nel 2003 alla vittoria di Sanremo. Una lettera in cui la cantante sottolinea l’aspetto della debolezza di certe figure peraltro fondamentali nel mondo della musica nonché la sua solidarietà alla categoria e, soprattutto, nella drammatica occasione, all’amico ed ex collega Max.
Lettera che riportiamo di seguito, testualmente: «Massimo aveva suonato con me essendo nell’orchestra di Sanremo, è vero, ma lo conoscevo da molto tempo prima, insieme avevamo suonato nella mia prima Band, i “Brother Machine” con i quali abbiamo girato l’Italia intera nei primi anni ‘90. Poi abbiamo preso strade diverse e collaborazioni diverse, era da molto che non lo sentivo.
Ieri Max ha deciso di andarsene, da quello che sono riuscita a capire leggendo gli articoli che ho trovato in rete, anche perché non riusciva più a mantenersi suonando , era “uscito dal giro” e lavorava poco. Nella sua situazione oggi sono in tanti, alcuni vuoi per carattere o fortuna riescono ad andare avanti ma in generale fare il musicista di professione oggi è diventata una impresa molto difficile.
Mancano gli spazi adeguati per suonare , c’è un complesso sistema di autorizzazioni , permessi e regolamentazioni che spesso fa sì che i gestori optino per altre forme di intrattenimento, mancano gli incentivi a organizzare musica dal vivo partendo dai piccoli locali e club, ma soprattutto manca il rispetto per chi fa questo lavoro , rispetto che invece c’è nelle altre professioni.
Spesso si dimentica che chi fa musica vive della sua passione, non può fare altrimenti, spesso non ce ne accorgiamo o lo diamo per scontato ma nel buio di un locale il musicista è quello che ci fa ballare , cantare , piangere o ridere a crepapelle o magari con la sua musica accompagna la nascita di un nostro nuovo amore.
Noi cantanti siamo dei privilegiati, perché abbiamo sempre i riflettori puntati, ma non ci dobbiamo dimenticare che i musicisti sono protagonisti sul palco insieme a noi e anche grazie a loro abbiamo successo nei live o nei dischi che registriamo.
Mi dispiace molto per Massimo e spero che cose come questa non succedano più.
W la musica»
Intanto, la famiglia del musicista ha reso nota la data delle esequie, che si terranno domani, mercoledì 20 marzo alle ore 15. «Massimo partirà per il Tempio Crematorio – scrivono i familiari in una notra – La famiglia invita chi di voi volesse vederlo ancora una volta a trovarsi nella Camera Mortuaria dell’Ospedale Giovanni Bosco di Torino, a partire dalle ore 10,00. Di seguito comunicheremo il giorno della tumulazione che avverrà nel Cimitero di Nole Canavese, dove già riposano la Nonna e il Padre di Massimo. Finalmente la sua odissea sta x finire. Finalmente riuscirà ad avere la pace che merita».