La tragedia dell’Ipca e la tormentata storia dell’amiantifera di Balangero impongono al Ciriacese e alle Valli di Lanzo una riflessione molto più acuta, rispetto ad altri territori, sui temi ambientali e sulle connessioni di questi con lavoro, salute, benessere, vivibilità, gestione delle risorse naturali.
Aprire un dibattito sulla “piccola storia” di queste aree si intreccia profondamente con la grande Storia delle politiche green del Paese. La scelta del Risveglio è attuale e non prorogabile.
Sono quattro gli spunti di riflessione che pongo.
Il primo relativo alle bonifiche delle aree, in particolare quella della cava di amianto più grande d’Europa. Lo Stato con la Regione hanno scelto di continuare a investire denaro e risorse, ma è evidente che burocrazie e fattore tempo sono decisivi. I progetti presentati dieci anni fa per il recupero dell’area sono ancora sulla carta ed è comunque lontana la volontà, da più parti in passato espressa, di vedere quella zona come “area turistica”. Si è fatto molto, ma moltissimo resta da fare. Non si è fatto il campo fotovoltaico, non si sono smontati i silos, ad esempio. I capannoni sono ancora li, nonostante gli Amministratori locali e i vertici di Rsa abbiano chiesto da molto tempo di velocizzare le pratiche. Critiche e polemiche servono a niente. Ma di certo, servono cronoprogrammi più efficaci per la bonifica. Anche sui monitoraggi della salute pubblica bisogna agire con più investimenti e sensibilizzazione. Di nuovo, lontano da sterili polemiche, ma dando ai cittadini informazione e opportunità.
Il secondo campo di azione riguarda la formazione. Moltissimi trentenni hanno scoperto la storia di Ipca e Amiantifera grazie a iniziative tenute nelle scuole, quando erano studenti. È ancora così oggi? A Ciriè e nelle Valli, nel basso Canavese, si fanno abbastanza e adeguate campagne tra gli studenti? Si forma alla green economy? Si parla di economia circolare agli studenti? E visite in “luoghi modello”? L’augurio è che la risposta sia affermativa. E che il fronte formativo, continuo e mai banale, possa crescere.
Terzo aspetto è quello relativo alla green economy. Si risponde ai drammi e alle tragedie ambientali con impegno istituzionale, politico, operativo. Dopo almeno un decennio di attesa, l’Italia nel dicembre 2015 si è dotata di una legge sulla green economy. Che come tutte le leggi non risolve e non semplifica la complessità, ma agevola progetti e nuovi percorsi. Anche nel Ciriacese e nelle Valli di Lanzo. Green economy, prevenzione del dissesto idrogeologico, mobilità elettrica e sostenibile, sostegno alla raccolta differenziata dei rifiuti, incentivi agli acquisti verdi, ma anche istituzione delle green communities e delle “oil free zone” per le comunità montane in cui nascono e crescono nuovi modelli economici, investimenti che favoriscono le imprese verdi oltre al turismo sostenibile. Questo il cuore della legge 221/2015: 79 articoli, 11 capi. Tra i punti più qualificanti del provvedimento l’introduzione della valutazione di impatto sanitario, il potenziamento del servizio idrico, le penalizzazioni per il conferimento in discarica e negli inceneritori, l’istituzione del comitato per il capitale naturale. Molti di questi temi sono centrali nell'”ecologia integrata” della quale parla Papa Francesco nell’Enciclica Laudato Si, certamente fondamentale base etica per molte delle azioni politiche in campo ambientale ed economico.
Valli di Lanzo e Ciriacese hanno tutti i titoli per candidarsi a prima “Green community” del Piemonte. Ridefinendo il rapporto tra città e montagna, tra chi produce e consuma un bene, come acqua, gestione forestale, assorbimento di Co2 nei boschi, protezione climatica, prevenzione del dissesto idrogeologico: temi ben presenti ad esempio nelle agende politiche delle due Unioni montane di Comuni delle Valli.
Il riequilibrio tra sviluppo di aree rurali e urbane passa da qui e anche dalle incentivazioni al recupero grazie a ecobonus e incentivi per le ristrutturazioni, al sostegno alle unioni di comuni come aggregazioni di enti che scelgono progetti green e trovano nel lavoro insieme la chiave per generare nuovo sviluppo.
Lanciare un grande programma di territorio, oltre ogni campanile, su energia e ambiente nelle Valli e nel Ciriacese è oggi possibile. Saremmo i primi. Tutta nuova l’illuminazione pubblica, rivestiti tutti gli edifici pubblici con cappotti termici (60milioni di euro di fondi regionali disponibili), prime auto elettriche per enti pubblici e strutture ricettive, colonnine per la ricarica in ogni Comune, accumulo di energia, sensoristica sotto i ponti per la protezione civile, nuove centraline idroelettriche con meno di 100kwatt di potenza, una caldaia a biomasse di micro dimensioni in ogni Comune, pannelli solari termici sui tetti delle scuole, un parco del legno da far gestire alle aziende per il conferimento e la selezione di essenze.
Quarto e ultimo punto sul quale mi soffermo è quello del legame con Torino (l’area urbana) e le Valli di Lanzo. E su un tema in particolare. Come la città riconosca alle Valli i servizi ecosistemici che vengono svolti dal territorio montano. E quanto li paga. I 34mila ettari di bosco per la città hanno un valore? La rete di sentieri? E gli invertenti di regimazione delle acque eseguiti affinché il territorio non frani sulle aree urbane? Tre fronti. Su altri due si sono già fatti passi in avanti, da trasformare in corsa. Penso al pagamento dei “fondi Ato” a tutte le Unioni montane del Piemonte per interventi volti alla difesa delle fonti idriche nelle aree montane. L’acqua serve per tutti. E così, arrivano alle Valli di Lanzo un paio di milioni di euro l’anno da reinvestire in opere idrauliche. La seconda, sempre legata all’oro blu, è riferita alla percentuale di tariffa che Smat riconosce alle Valli proprio perché utilizza a fini commerciali l’acqua che scende dall’acquedotto generale delle Valli di Lanzo, realizzato e di proprietà della Comunità montana. Capitoli di un libro che si chiama sussidiarietà, oppure solidarietà verticale. Sulla quale vale la pena di insistere oltre ogni filosofia. Il pagamento dei servizi ecosistemici ambientali ha in Piemonte esempi tra i più virtuosi in Italia. Molto resta da fare. Sulla filiera forestale in particolare.
Questa è nient’altro che green economy. E per vedere il bicchiere mezzo pieno vale la pena di citare l’esemplare lavoro svolto a Lemie da un sindaco che ha messo a sistema un pezzo di bosco per incamerare crediti di carbonio. Piccoli tasselli di uno sviluppo di nuovo conio. Che va oltre gli studi, è calcolabile, deve avere effetti sulle imprese e sui servizi alle comunità. La possibilità di individuare e vedere le Valli di Lanzo in prima fila nelle “battaglie” regionali e nazionali per l’introduzione del pagamento dei servizi ecosistemici, l’istituzione delle oil free zone e delle green communities, oggi non deve essere remota utopia.
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