Quando gli investigatori della Guardia di Finanza di Lanzo hanno controllato le posizioni contrattuali dei dipendenti quasi non ci credevano. Tredici di loro erano completamente in nero e 22 erano assunti in maniera irregolare. Non solo. Alcuni risultavano assenti per «motivi di salute», come è risultato da dei certificati medici che presentavano all’Inps. Ma invece di stare a casa in malattia i finanzieri li hanno sorpresi al lavoro durante la notte, pagati in nero in una fabbrica di Cafasse che produce sacchetti e guanti di plastica per la grande distribuzione da diversi anni. I militari hanno denunciato alla Procura di Ivrea il titolare e alcuni lavoratori compiacenti.
Multa salata
Gli inquirenti, coordinati dal pm Giuseppe Drammis e dal capo della Procura, Giuseppe Ferrando, hanno quantificato in circa 220mila euro i compensi elargiti dal datore di lavoro senza versamento dei contributi. Ma non è tutto. Sono anche molto pesanti le conseguenze a carico dell’azienda che non ha mai avuto problemi di commesse e rappresenta un’eccellenza nel settore. Infatti, oltre al recupero delle imposte evase, dovranno essere sanate le posizioni lavorative pregresse, con versamento dei relativi contributi e della maxi-sanzione sul lavoro, che vista l’entità delle retribuzioni e il numero dei lavoratori irregolari sfiora i 740mila euro. Molto probabilmente l’imprenditore si sentiva tranquillo, e pensava di non essere scoperto visto che il meccanismo andava avanti da parecchio tempo. L’indagine delle fiamme gialle, è durata otto mesi durante i quali i finanzieri hanno monitorato gli spostamenti degli operai. Nel giro di poche settimane si sono accorti che gli addetti «ufficialmente» malati si presentavano in fabbrica di notte per eludere i controlli dell’ente previdenziale che erogava per loro l’indennità per malattia.
Indagini informatiche
Il programma informatico, infatti, «amministrava» tutte le vendite effettuate in nero nonché le retribuzioni elargite «fuori busta» ai collaboratori ed ai lavoratori dipendenti dell’impresa. Gli inquirenti, setacciando le tracce lasciate su diversi server, hanno anche ricostruito movimentazioni di denaro contante per oltre 1 milione e 600mila euro euro, ben oltre, dunque, i limiti previsti dalla normativa antiriciclaggio.