La ricerca dei testimoni della Resistenza ha i giorni contati. A oltre 70 anni da quegli avvenimenti, sono infatti poche le persone che possono ancora raccontarli per avervi direttamente partecipato e mantenendone reale memoria.
Ma la ricerca storica ha ancora molta strada da percorrere, tanto più sulle vicende minori; sempre che così possano definirsi battaglie che tra Canavese e Valli di Lanzo provocarono morti e feriti, e rappresaglie che lasciarono fucilati contro qualche muro decine e decine di giovani. E di testi che si applichino nella ricostruzione della lotta tra i volontari della Liberazione e i nazifascisti, su questa zona del Piemonte, non ve ne sono molti.
Il nuovo libro di Franco Brunetta lo dimostra. Molti sono gli episodi qui raccontati che non erano stati resi noti prima, o che hanno trovato più completa descrizione; più d’uno i testimoni scovati dall’autore nei Comuni coperti dal nostro giornale, anche grazie al successo del primo volume (“Il Risveglio della Resistenza”, uscito nel 2010). E nuova luce viene posata su aspetti quali il fenomeno della delazione in quegli anni.
Il suo precedente studio aveva mostrato, tra l’altro, quanto interesse ci sia ancora intorno a quei fatti; lontani nel tempo, sì, ma parte della nostra storia e origine di ciò che siamo oggi. Se cinque anni dopo si è reso necessario un secondo volume è non solo perché il primo necessitava di aggiornamento con le evidenze storiche nel frattempo emerse, ma anche perché gli esemplari sono in via di esaurimento: non sono bastate tre edizioni, con 3.000 copie di tiratura.
Invece di fare una quarta ristampa, era giusto editare oggi qualcosa di nuovo, che aggiornasse quel testo e lo completasse anche con le vicende, allora da noi trascurate, del Canavese.
“Macchie di sangue” è quindi un lavoro diverso, che si apre tanto agli avvenimenti delle Valli di Lanzo quanto a quelli del Canavese. I due territori componevano del resto la terza zona partigiana, ed è necessario raccontarli con un unico filo narrativo.
La diffusione del precedente volume ha poi spinto più di un testimone a farsi avanti, per fornire il proprio racconto, per mostrare lettere o diari scritti molti anni fa, nei quali si raccontavano quegli episodi. La ricerca storica, e la sua divulgazione, sono stati semi che hanno generato conoscenze ancora maggiori.
Nelle parole dell’autore, «questo libro vuol essere un gesto di gratitudine verso i protagonisti di quella stagione di ferro e fuoco. Ma anche uno strumento per i giovani e gli adulti di oggi. È un luogo comune, quello di gridare “Viva la Resistenza!”; per poterlo fare occorre conoscerla. Studiare; documentarsi e leggere».
Due parole sul titolo del volume, infine: il “Macchie di sangue” scelto per la copertina (“Mace ‘d sangh”, nella versione originale, in piemontese) era una poesia di Nicola Grosa, commissario politico della brigata Garibaldi nelle Valli di Lanzo. Quello scritto, che non a caso apre il libro di Brunetta, fu vergato dopo l’eccidio di Traves ma si adatta alle vicende partigiane in genere: è una poesia di speranza, contrariamente a quanto potrebbe indurre a pensare il titolo: come Grosa scrisse, infatti, è dalle macchie gloriose di sangue che «spunterà il giardino dei fiori più belli».
Il testo è da pochi giorni in vendita, a 10 euro. In attesa della distribuzione nelle edicole e librerie, lo si può oggi trovare presso la redazione del giornale a Ciriè (via D’Oria 14/5) o ricevere per posta a casa, con 2 euro aggiuntivi (info redazione@ilrisveglio-mail.it oppure 011/9211800).