Era la sera del 17 dicembre 1997. E a Nole i rappresentanti della ‘Ndrangheta torinese si sedevano a tavola per discutere e «fare il banco nuovo». Ovvero riassegnare le cariche all’interno di quella che poi si scoprì era la locale di Natile di Careri, come racconta il pentito Rocco Varacalli. E come hanno riportato i giudici nelle motivazioni della sentenza del processo Minotauro. Anche per evidenziare come la ‘Ndrangheta sia radicata sul territorio da molto tempo. Dove intesseva affari e apriva attività con affiliati e fiancheggiatori. E nessuno, a parte gli investigatori che stavano indagando su quel mondo ancora sotterraneo e impenetrabile, se n’era mai accorto di nulla. Strano. Perché, proprio a Nole, anni dopo, la ‘Ndrangheta tenta un’estorsione ad un imprenditore, impegnato nei lavori di sistemazione idraulica della Stura. Un appalto da 5 milioni di euro. L’ex parlamentare leghista Walter Togni, allora assessore all’Ambiente del Comune di Nole, si batte in Consiglio per indire una gara d’appalto invece di un affidamento diretto. E gli bruciano due macchine.
(Il servizio completo sul giornale in edicola giovedì 27 febbraio)