A volte il Consiglio comunale era finito da pochi minuti. Giusto il tempo di salire in macchina, e il telefono suonava: «Allora, che le è sembrato stasera?». Lui. Gravina. Che voleva commentare a caldo quanto era appena accaduto. «Ma lei ha cenato?». «No». «Neppure io…». E allora ci si fermava lungo la strada di Caselle, col panino fumante tra le mani. E con il tempo che passava tra chiacchiere, commenti, osservazioni. E se non era la sera stessa era il giorno dopo. Ma quella telefonata arrivava sempre. C’era sempre qualcosa da dire, da discutere. Qualche particolare che voleva analizzare per capire se l’aveva interpretato nel modo giusto.
E poi c’erano le elezioni alle porte. Gravina aveva iniziato a pensarci da tempo. Aveva già fatto i primi incontri, su cui però rimaneva abbottonato. Non era ancora tempo per scoprire le carte: la partita la di doveva giocare su altri tavoli. Sul tavolo delle cose fatte o non fatte per esempio. Come per piazza Agorà. Gravina conosceva probabilmente ogni singola mattonella di quella piazza. Di ogni singola mattonella sapeva quale era stata attaccata con precisione e quale, invece, era ballerina. Sapeva da dove passava l’acqua che, ogni tanto, quando la pioggia cadeva abbondante, si infilava nei garages sottostanti. Conosceva la mattonelle così come conosceva i borgaresi. Quando lo si incontrava da qualche parte, in qualche via di Borgaro, era con qualcuno. Parlava, gesticolava. Il suo vocione lo si sentiva da lontano. A volte gli suonava il telefono nel bel mezzo di una discussione. Allora rispondeva, ascoltava, assicurava che stava arrivando, e dopo aver spento riprendeva a parlare da dove si era interrotto. Arrivando, molto probabilmente, in ritardo la dov’era atteso. Franco Gravina era fatto così. Uno che faceva politica con la pancia e con il cuore. Che credeva in quello che faceva, e a volte si stupiva quando qualcuno non la pensava come lui. La sua ultima telefonata risale a qualche giorno fa. «Mi sono informato dal segretario comunale. Come consigliere posso entrare nelle scuole per vedere se qualcosa non va. Non c’è nessuna norma che lo vieti. Appena ho un attimo ci passo». Quell’attimo, purtroppo, non l’ha avuto. Gravina si è spento martedì sulla Torino – Aosta. Il suo grande cuore, quel cuore che lo aveva accompagnato per 62 anni in tante battaglie politiche, che lo aveva portato a creare un’impresa florida e una famiglia cha amava con tutto sé stesso, questa volta non ha retto.
Giovedi 19, alle 18, si terrà un Consiglio straordinario per comemmorare la figura del consigliere Gravina.