Con i compagni di sempre era partito da Torino per un giro in moto nelle Valli di Lanzo. Un pomeriggio limpido e caldo, sotto un sole da cartolina. L’ideale per divertirsi un po’ sulle due ruote. «Stavamo andando a Lanzo, a prendere un caffè, come abbiamo fatto centinaia di volte», racconta un amico di Renato Sardo, pensionato di 60 anni, di Torino, ma originario del Truc di Miola, a La Cassa.
L’uomo ha gli occhi lucidi e un groppo in gola, perché Renato ha appena trovato la morte in sella alla sua Yamaha R1 1000. È uscito di strada mentre percorreva la strada provinciale 1, la direttissima della Mandria, conosciuta da tutti come il «rettilineo della morte». L’incidente è avvenuto mercoledì 24 aprile a Cafasse, dove il serpente di asfalto si piega leggermente in quella che tutti conoscono come la curva del Tripoli. Un tratto che invita i centauri a piegare, ma che è molto rischioso, soprattutto perché ci sono altre strade secondarie che si immettono sulla provinciale. Basta dare un’occhiata ai mazzi di fiori sistemati a bordo strada, o appoggiati sul guard rail, che qualcuno ha sistemato per ricordare chi non c’è più. Perché Renato Sardo è solo l’ultimo motociclista che si è ammazzato in quel tratto di strada.
Una scia di sangue impressionante che, tempo fa, aveva convinto i residenti della zona a promuovere una raccolta firme per segnalare la pericolosità del curvone dove, spesso qualcuno veniva coinvolto in un incidente. Un appello che, però, non ha cambiato affatto le cose. La tragedia è avvenuta poco dopo le 16. Sardo stava viaggiando in direzione di Lanzo quando, per motivi che stanno accertando i carabinieri di Fiano, ha perso il controllo della sua Yamaha. Forse per evitare un furgone, forse perché è stato leggermente urtato dal mezzo. L’unica cosa certa è che non sono rimasti segni di frenata sul manto stradale.
(Il servizio completo sul giornale in edicola domani)
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