LANZO — «Chi salva una vita salva il mondo intero». È con questo passaggio del Talmud che il sindaco di Lanzo, Tina Assalto, ha concluso il suo intervento. L’introduzione: «Una giornata straordinaria che è un orgoglio e un privilegio per Lanzo», ha ricordato. Perché lunedì 18 febbraio l’ambasciatore d’Israele in Italia Naor Gilon, ha consegnato a Giovanna, Maria Assunta e Rosina Togliatto, la medaglia e l’attestato di Giusti tra le Nazioni. Un riconoscimento prestigioso in memoria dei loro genitori Giuseppe Togliatto e Giuseppina Favero ( i nonni del vice presidente del Csm Michele Vietti) che, durante la Guerra di Liberazione, a rischio della loro vita, diedero ospitalità ad una famiglia di ebrei, i Citron, sfollati da Torino. Prima li nascosero a Lanzo, dividendo con loro la casa di via Fontana del Monte. Poi in una trattoria di Bogliano di Mezzenile. «I miei nonni, che erano degli agricoltori, li ospitarono su richiesta di un amico – ha ricordato Vietti – allestirono due stanze per loro, sapendo di rischiare tantissimo, anche perché i controlli e i rastrellamenti dei nazi fascisti diventavano frequenti». «Mia mamma e le mie zie, che erano delle ragazzine, salivano sul treno a Lanzo, arrivavano alla stazione di Pessinetto e poi andavano verso Bogliano a piedi, per portare i viveri ai Citron, che non potevano muoversi – ha ricordato ancora Vietti – Tutto questo era molto rischioso, bastava un niente per essere scoperti, in un clima di tensione e di sospetti. Ma la voglia di giustizia e di aiutare quella gente era più forte di qualunque cosa».
Il momento più toccante della cerimonia – alla quale hanno partecipato anche il ministro all’Economia Elsa Fornero, i magistrati torinesi Marcello Maddalena e Giancarlo Caselli, il generale dei carabinieri Pasquale Lavacca, quello della Guardia di Finanza Giuseppe Gerli più politici e amministratori torinesi – è arrivato quando l’ambasciatore di Israele ha consegnato la medaglia alle tre sorelle. «Sappiate, che, un singolo essere umano, può fare la differenza – ha detto Gilon – Grazie alla gente di questi posti, oggi, ci sono altre generazioni. Ma attenzione a non abbassare mai la guardia, perché, ora esiste un nuovo antisemitismo che si chiama negazionismo». Poi, un fragoroso applauso, ha accompagnato il momento solenne. Quando, con un pizzico di commozione, le tre sorelle hanno ritirato la medaglia dedicata ai loro genitori. Che, insieme a molti altri montanari, misero a repentaglio la loro vita per accogliere persone che, spesso, nemmeno conoscevano. «Abbiamo calcolato che, su tutto il territorio, vennero sottratti ai rastrellamenti nazifascisti circa 23mila ebrei che altrimenti sarebbero finiti nei campi di sterminio – ha ribadito Giuseppe Segre, il presidente della Comunità Ebraica di Torino – Auspichiamo ci siano ancora tanti Giusti che, per pudore o per rispetto, non hanno mai raccontato nulla del loro impegno profuso per salvare i perseguitati».
Racconti che, forse, non verranno mai a galla. Ma resteranno, per sempre, nella memoria e nei ricordi di chi li ha vissuti. Anche perché, nelle Valli di Lanzo, diverse famiglie non si tirarono indietro quando era il momento di nascondere degli ebrei. «Non erano eroi, ma uomini e donne come noi. Li dobbiamo ricordare sempre» – ha avvertito il primo cittadino di Lanzo.
Un altro momento toccante della mattinata è stato quando ha preso la parola Marussia Citron che, all’epoca dei fatti, era una ragazzina di appena 15 anni, costretta ad abbandonare in ginnasio. Ma poi, dopo la Guerra, restò sempre in buoni rapporti con le sorelle Togliatto. «Ci hanno salvato con il loro silenzio e la loro partecipazione. Hanno fatto tutto con una semplicità assoluta e genuina, pur sapendo che mettevano a repentaglio la loro vita. Ma ad aiutarci non c’erano solo i vostri genitori, c’eravate anche voi, che eravate delle ragazze, come me. Grazie» – ha detto la Citron rivolta a quelle tre donne che, un tempo, non si fecero problemi a macinare chilometri e rischiare di imbattersi in posti di blocco della milizia, pur di portare qualcosa da mangiare alla famiglia Citron.
«Spesso, trovarono dei cadaveri di persone giustiziate – ha evidenziato Vietti – Avevano paura, certo, ma erano convinte che, proteggere quella gente era il loro dovere e non potevano fare altrimenti. Così i Giusti hanno dimostrato che ci si può opporre al male». Poi i ricordi e le suggestioni sono continuate intorno al buffet preparato dagli allievi dell’alberghiero “Federico Albert” di Lanzo.
Premio ai Giusti fra le Nazioni