Un secolo e un anno fa. Nel 1912, giusto cent’anni prima della famigerata profezia dei Maya, il naufragio del Titanic non fu l’unica tragedia. Qui da noi un devastante incendio ridusse la Remmert a un cumulo di macerie, come testimoniato dalla fotografia.
Ma chi è che viene a ricordarci questo evento, invitandoci a notare le tre figure quasi annichilite fra le rovine? Niente meno che Emanuele D’Oria da una “sua” pagina facebook. Il caro Marchese non ha mai smesso di mostrarsi ai suoi concittadini. I suoi autoscatti sono diventati delle icone, usate come logo per manifestazioni ed eventi. E poi, a quanto assicurano alcuni siti “specializzati”, sarebbe lui il “fantasma ufficiale” della città, una fama che si deve probabilmente ad alcune circostanze che ne hanno seguito la morte.
«Negli ultimi anni della sua vita non versava in buone condizioni economiche”, spiega Michele Chiadò, esperto di storia cittadina. – Alla sua morte non aveva neppure una tomba e venne sepolto direttamente negli scantinati del Palazzo. Forse è per questo che il suo spettro continuerebbe ad aggirarsi fra i corridoi. Poi, anni dopo, quando i Remmert rilevarono il palazzo, donarono una tomba alla famiglia D’Oria, nella quale venne trasferito anche il marchese» La si trova a sinistra dell’ingresso del cimitero, in una tomba disadorna e abbandonata, sulla quale si fa fatica a leggere i nomi.«Qualche anno fa a Palazzo D’Oria è venuta una troupe di Voyager Ragazzi, che ha piazzato microfoni e telecamere”, racconta ancora Chiadò – Ma neppure i “ghostbusters” della trasmissione sono riusciti a scovare l’inafferrabile marchese. Non c’è comunque da preoccuparsi: se di spettro si tratta, è un ectoplasma benigno, che amerebbe mostrarsi solo nelle sere in cui si svolgono i consigli comunali. Proprio lui, che fu sindaco due volte, verrebbe dal regno delle ombre per assicurarsi che chi governa Ciriè prenda le giuste decisioni». Ma ora il marchese ha fatto qualcosa di più. E l’ha fatto nel “non luogo” per eccellenza, dove oggi si intrecciano i rapporti sociali. Lo scorso anno, sul social network più amato dai giovani e dai meno giovani, è comparso anche lui. E così si è presentato: «Sono nato a Torino il 20 dicembre 1826. Non esisto più da molto tempo. Ma ora che non ci sono più, posso tornare a vivere attraverso i vostri pensieri. Ogni volta che vorrete pensarmi. Succede così quando si lascia il mondo. Me ne andai nel 1906. Vissi a Ciriè nell’antico Palazzo che fu dei miei antenati fin dal 1576. Fui eletto sindaco nel 1856, poi di nuovo nel 1889. Amai la mia città e la mia gente. Amai i libri e lo studio. Ebbi sempre curiosità per ciò che ancora non conoscevo. Mi attraevano il passato e il futuro; la storia antica e al tempo stesso tutto ciò che era innovazione e progresso. Fu così che rimasi affascinato dalla fotografia. Una passione che non mi abbandonò più. E rese lievi gli ultimi anni della mia vita». Emanuele ama infatti intrattenere i suoi amici con fotografie della città, viaggiando nel tempo, dai dagherrotipi ottocenteschi a fotografie odierne, scattate quando, invisibile e ignorato da tutti, passeggia per la città. E poi quadri di fine Ottocento, accompagnati da suggestivi commenti. Sono molti coloro che vorrebbero scoprire chi si nasconda dietro al Marchese Virtuale, non considerando che è solo l’anonimato che la rete può garantire che permette al nostro aristocratico ectoplasma di continuare ad esistere. Dobbiamo sperare che chi ha voluto accollarsi questa eredità sappia resistere alla tentazione di rivelare la propria identità.
Il ritorno del marchese Emanuele D’Oria sulle pagine di Facebook