La sua unica compagna di viaggio è una Olmo, una bici da strada vecchia di quindici anni. Ma Dario Milanese, 26 anni, originario di Corio, ora residente a San Colombano, giura di non essersi mai sentito solo nelle migliaia di chilometri percorsi in sella alle sue due ruote. «Il merito è delle persone che incontri lungo la tua strada. Forse sono stato fortunato, ma ho sempre avuto a che fare con gente disponibile, pronta ad accoglierti e a darti una mano».
Ormai siamo a quota tre. Tre viaggi in cui l’andata si fa in bicicletta e il ritorno in treno, «dato che, a ferie finite si rientra al lavoro, in fabbrica, e bisogna essere riposati» spiega.
Prima destinazione, Savona, estate 2011. Una scelta dettata dalla necessità di risparmiare. «Mi ero appena trasferito e avevo cambiato auto. Conseguenza: bisognava fare delle vacanze low cost». Da lì l’idea di partire alla volta della Liguria in bicicletta, insieme con l’amico Mauro. Una sfacchinata di 250 chilometri. Robetta per Dario, abituato com’era a farsene anche 13mila in un anno su e giù per le Valli di Lanzo dove ha trascorso quasi tutta la sua vita. «Sì – ammette – il ciclismo è sempre stata la mia grande passione. L’idea di viaggiare, però, è nata per caso». E gli è piaciuta talmente tanto che, dopo il primo esperimento, l’esperienza è continuata.
Ad agosto 2012, una nuova partenza, questa volta in solitaria, con direzione Firenze. Alla meta Dario ci arriva attraversando i paesini della Liguria e della Toscana con qualche stop enogastronomico qua e là, «alla ricerca di un buon un bicchiere di Chianti». Ma la scoperta vera è stato il paesaggio. Da togliere il fiato. «Il Giardino dei Tarocchi, a Pescia Fiorentina, vicino Capalbio è uno spettacolo. Lì, dove l’unico rumore è quello del vento, per la prima volta mi sono commosso»
Una tappa non prevista nell’itinerario che Dario si era studiato per filo e per segno sulla mappa, confrontando tutti i percorsi possibili. Così come non era stato pronosticato l’arrivo fino a Roma. «Invece – racconta il ciclista – ho girato Firenze in un pomeriggio, ho fatto due calcoli per capire quanto ci avrei messo per raggiungere la Capitale e alla fine sono ripartito».
Eccola lì, nell’album di viaggio, la Olmo fotografata al bivio tra Tarquinia e Civitavecchia, ritratta davanti al Colosseo e in piazza San Pietro. In nove giorni di viaggio, ha percorso 1300 chilometri. Attaccato c’è lo zaino in cui Dario sistema lo stretto indispensabile per il viaggio: qualche cambio pulito, un fornellino da campeggio, la tenda, una pompa per gonfiare le ruote, camere d’aria nuove di zecca, mastice e pezze.
L’ultima fatica del ciclista canavesano risale a un mese fa. È arrivato a Barcellona in aereo. Dalla Catalogna è partito per Saragozza, ha attraversato Sagunto e Montserrat, per arrivare nelle vicinanze di Valencia e ritornare a Barcellona. Altri 1100 chilometri. Lui e la Olmo. Soli ma mai soli per davvero. Come dimostra la bandierina tricolore che Dario aveva attaccato alla bici. «Alla fine era piena di firme delle persone che ho incontrato e che mi porterò per sempre nel cuore».
Come gli amici milanesi, Matteo e Giovanni, incontrati durante il viaggio a Roma. Con loro è in progetto una ciclo-gita sul lago di Como. Destinazione dell’estate 2013, invece, saranno Trentino e Friuli. «Così – spiega Dario – potrò cimentarmi nelle salite che tutti gli scalatori sognano: lo Stelvio, le tre cime di Lavaredo». Lui non vede l’ora, gli amici vorrebbero accompagnarlo nelle sue avventure a due ruote ma alla fine tutti si tirano indietro. «Hanno paura di non farcela. Per questo a chiunque voglia provare consiglio di iniziare con itinerari più brevi». Un esempio? «Un giro nelle Langhe. Da Ciriè sono settanta chilometri. Si può fare».
Da Corio in giro per l’Europa in sella alla mia Olmo