BALANGERO — A ventitrè anni dalla chiusura dei cancelli della cava d’amianto più grande d’Europa, ieri, è arrivata l’ultima trance degli stipendi che spettavano ancora a 211 minatori. Si tratta di un milione e 68mila euro che l’avvocato Michele Iacoviello ha consegnato ai vecchi dipendenti e ai familiari di chi, in questi anni, è deceduto. Si chiude così l’ultimo strascico legato al fallimento dell’ex Amiantifera che si è portata dietro una storia di morti per asbestosi, di vicende giudiziarie e di malcontento.
«Per esempio l’avvocato ci aveva assicurato che, per l’ultimo riparto dei nostri salari, non avrebbe preteso nulla – avvertono Giancarlo Suino e Mario Giacomino Potachin, due ex lavoratori di Corio Canavese – invece ci ha scalato il 10% sui soldi che abbiamo guadagnato noi e abbiamo atteso anni, pagando già altre parcelle salate per ottenere quanto ci era dovuto. Anche se non possiamo fare nulla, questo non ci sembra giusto». E poi qualcuno si domanda anche a quanto ammontano gli interessi di soldi (recuperati dai crediti che Le Cave San Vittore vantavano con l’Enel) che sarebbero rimasti depositati anni, almeno sette. Iacoviello dribbla le polemiche. «Vedo che tutti hanno ritirato gli assegni senza fare storie – dice – se qualcuno non lo vuole, nessun problema, lo rimetterò al curatore fallimentare». In media si tratta di somme che vanno dai 4 ai 5mila euro a testa. Ma c’è anche chi, come Guido Mattrel, impiegato di primo livello, per 32 anni in cava come responsabile della manutenzione impianti e di tutta la parte elettrica, avrebbe dovuto percepire 29mila euro, invece di 12 mila. «Purtroppo, qualcuno ha fatto le cose sbagliate – riflette Mattrel – e ora ne faccio le spese io. Vale ancora la pena arrabbiarsi dopo tanto tempo?».
Ancora oggi e domani, venerdì 11 gennaio, l’avvocato Iacoviello sarà nella sala del consiglio del municipio di Balangero per consegnare il denaro a chi ha ricevuto la lettera di convocazione. Una parte di questi soldi è stata recuperata dai crediti che l’ex Amiantifera vantava nei confronti dell’Enel. Si tratta di oltre un milione e mezzo di euro, in parte utilizzati anche per pagare l’Inps che, nel 1991, anticipò la liquidazione per gli operai rimasti a casa, dopo un’agonia che durava da mesi. «Non è stata un’operazione facile, anche perché l’Enel agiva in regime di monopolio e non ne voleva sapere di restituire i soldi – spiega Iacoviello – ma è stata obbligata da una sentenza della Corte di Cassazione».
«Dopo aver chiuso questa pratica ho intenzione di capire, se è possibile avanzare la richiesta del danno biologico per chi ha lavorato in cava» – annuncia il legale che fisserà una riunione con chi è interessato. Questo visto che i proprietari dell’Eternit di Casale Monferrato, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier, sono rimasti nel capitale dell’Amiantifera sino al 1983 e sono stati condannati nel maxi processo Eternit, quindi dovrebbero avere delle responsabilità anche per chi si è avvelenato i polmoni a Balangero. Intanto il procuratore Raffaele Guariniello, nei mesi scorsi, ha preteso l’elenco di tutti i casi di uomini e donne che sono morti per mesotelioma della pleura e si sono ammalati di asbestosi in zona. Così ha aperto una nuova inchiesta che correrà parallela a quella di Casale Monferrato. Ma, il vero grande nemico, sarà il tempo. Come gli oltre vent’anni che sono stati necessari per consegnare ai minatori quello che gli spettava.
Amiantifera: arrivano gli stipendi dopo 23 anni dalla chiusura