VALLO — L’ultimo uomo del mulino non c’è più. Vigiu ‘l Muliné, al secolo Luigi Mussino, se n’è andato una settimana fa dopo una vita intera passata tra la macina in pietra e la grande ruota in metallo, che ogni giorno accarezzava l’acqua del Tronta, il torrente che attraversa Vallo. Era nato proprio a pochi passi dal rio, 88 anni fa. Aveva iniziato a lavorare tra le ruote e le farine quando la società era ancora tutta radicata nell’agricoltura e nell’allevamento. Poche giornate da coltivare, poche bestie nella stalla che poi era anche la stanza da letto, la casa insomma. Era appena un ragazzo quando ereditò dal padre, dal nonno e dai suoi “vecchi” quell’amore per una tradizione con due secoli e mezzo di storia.
Parlava poco Vigiu, e negli ultimi due anni era ancora più silenzioso di prima. Ma tutti lo ricordano sul camion con cui raccoglieva i cereali nelle campagne del Ciriacese e delle Valli e poi riportava la farina macinata e poi ritornava a riprendere i sacchi di granaglie e di granoturco. Via così per più di settant’anni. Quella sì che era “filiera corta”. Vigiu ‘l Muliné lo ricordano gli allievi delle scuole di Vallo, Varisella e Fiano che hanno potuto vedere direttamente la lavorazione con l’acqua che scorreva sulla ruota e le macine che muovono piano. Era soffice la farina di Vigiu. Per la polenta e per il pane. In fondo, ha sfamato centinaia di persone. Anche con le trote, che per trent’anni ha allevato quasi “con amore”. Per molti vallesi erano il piatto della domenica, il pesce, alternativo per un giorno (o più) alla carne del macellaio Firmino, altra figura storica del paese. Quando Vigiu non era al mulino, saliva nella vigna, sulla strada che porta a Galinverno. Ha sempre faticato per togliere le pietre e sottrarre all’abbandono quei terreni sulla riva del Tronta. L’impressione, entrando nel mulino, era che tutto girasse attorno a lui in quei sessanta metri quadrati dell’edificio di via Varisella costruito nel 1847 da Giuseppe Coletto. Vigiu aveva chiuso l’attività nel 1993 ma ogni giorno continuava ad attraversare il ponte e ad arrivare al mulino.
Metafore della vita. Il mulino lo emozionava come un bambino, anche se mai lo avrebbe rivelato. «Già, proprio così – conferma la moglie – Vigiu era molto riservato, ma era un uomo forte, che non si è mai lasciato andare. Faceva bene ogni piccola cosa e mai l’ho sentito giudicare qualcuno». Forse è proprio questo che nella semplicità lo ha reso apprezzato, conosciuto da tutti. Ora che l’uomo del mulino non c’è più, Vallo perde una colonna della sua storia lungo il “secolo breve”, il Novecento. E quel mulino rimane lì, aspettando qualcuno che possa raccogliere l’eredità di Vigiu. Riattivare quella ruota, che è tornata a girare in altri Comuni del Piemonte verso l’esclusività di produzioni locali, dove la via maestra è la fantasia, l’eccellenza, la caparbietà.
Come quella di Vigiu ‘l Muliné.
Addio allo storico mugnaio di Vallo