Antonella Griseri e Marco Cattarulla saranno i protagonisti della serata di giovedì 22 novembre organizzata del Circolo Ars et Labor di Ciriè. L’incontro si terrà alle 21 nella sala consiliare del Municipio di Ciriè, con ingresso da via Dante. I due autori chiacchiereranno con la sottoscritta del loro ultimo romanzo “Il giardino delle ortensie azzurre”, Leucotea Edizioni. Letture a cura di Diego Garzino. Di seguito un anticipo dell’intervista ai due scrittori.
Marco presenta Antonella; Antonella presenta Marco
Antonella: «Marco è prima di tutto un poeta, un poeta che non sapeva di esserlo. Questo lo differenzia dalla miriade di stolti e presuntuosi che credono di far poesia, intasando il mercato, sprecando e facendo sprecar tempo. Egli poi è un romanziere eccezionale perché come il “fanciullino” di Pascoli sa giocare a fingersi un personaggio e lo trasforma in un essere vivente. La sua ironia letteraria fa si che la Parola prenda nella sua penna una potenza che rasenta i “Grandi” scrittori del passato».
Marco: «Antonella è una straordinaria poetessa, straordinaria quando poetizza la sua narrativa. Le sue parole sono legate, sempre, da quel legame d’arte e di poesia che solo una sensibilità senza confini potrebbe fare. La sua cultura e la sua bravura si uniscono sempre, rendendola unica e cristallina. Non scrive parole, ma gocce di sapore».
Come vi siete avvicinati alla scrittura?
A: «Essa è sempre stata dentro di me. Mi ha fatto vivere e morire. Questo infatti è l’ultimo libro che ho scritto e che mai scriverò».
M: «Per caso, per esperimento. Forse è una dote innata, a volte una passione. Spesso un dolore».
Quali differenze o punti comuni ci sono fra questo libro e i vostri precedenti?
A: «In comune c’è il tipo di scrittura, intendo a livello stilistico».
M: «Inizialmente scrivevo di horror, ora scrivo di qualsiasi argomento. Il “giardino” è una consacrazione».
Come è nata l’idea di scrivere un romanzo a quattro mani?
A: «Ci siamo incontrati nel “paese dei balocchi dei libri”: in tutti i casi un libro ci ha fatto incontrare. Non è stata un’idea scrivere un romanzo a due. Sono i nostri personaggi che avevano bisogno di incontrarsi. Ognuno scriveva per conto suo e magicamente la storia procedeva . Non c’è stato bisogno di molta organizzazione. Parti intere venivano dettate da uno o dall’altro».
M: «La narrativa ci ha presentati e fatti conoscere. Questo è il secondo romanzo scritto a quattro mani, il lavoro è diventato automatico, gli snodi del romanzo senza intoppi. Abbiamo creato personaggi che si chiamavano da tempo».
Come mai avete scelto di ambientare il romanzo nel Settecento?
A: «Per la particolarità dello stile linguistico e per il fascino del passato che riesce a creare atmosfere che oggi non sono più possibili».
M: «Per il fascino del periodo, per le lotte sociali e le ragnatele nobiliari».
Vi siete ispirati a voi stessi, in maniera reciproca, per la costruzione dei personaggi?
A: «Mai risponderei a questo… Il personaggio è altro da sé. O tutto».
M: «Il grande motivo per il quale si scrive… si pesca dentro di noi e attorno a noi. Affascinante proprio perché impreciso».
Alla fine del romanzo, le figure femminile hanno la meglio su quelle maschili. È un fatto voluto?
A: «Assolutamente no. La Vita è la più grande romanziera e decide i finali. Lo scrittore ha il libero arbitrio ma alla fine la scrittura è il vero dio ed è lei che dice cosa si deve fare».
M: «Le storie si srotolano da sole, noi scrittori siamo dei cronisti che aggiungono dettagli. Il lettore vede delle storie, noi scriviamo di pensieri».
Progetti futuri?
A: «Non scriverò mai più. Per protesta verso i falsi scrittori e perché la “grande romanziera” ha deciso .La mia vita ha fatto tutto cosa si poteva fare e si è fermata per sempre in mezzo alle ortensie azzurre».
M: «Scriverò ancora, non so cosa e non so quando. Questa presentazione sarà la mia ultima de “Il giardino delle ortensie azzurre”. Per il futuro, farà a meno di me».