Dietro la sua serenità apparente Luca Melotto freme, non sta nella pelle. È già iniziata infatti la sua rincorsa alle Olimpiadi estive del 2016 a Rio de Janeiro. L’arciere venariese, classe 1991, è stato a Londra per una settimana da riserva della squadra maschile, formata da Mauro Galiazzo, Michele Frangilli e Mauro Nespoli, che sabato 28 luglio ha vinto in mondovisione la medaglia d’oro battendo 219-218 in finale gli Stati Uniti. Due braccialetti in tema al polso destro sono la testimonianza più visibile di quest’esperienza che Luca racconta presso il campo del Sentiero Selvaggio, la sua seconda casa anche adesso che fa parte del Centro Sportivo dell’Aeronautica Militare ed è spesso a Cantalupa, nel pinerolese, per i raduni con la nazionale. «Non farò vacanze – afferma convinto – La voglia di andare in Brasile e di vincere una medaglia è tanta. Vedendo che lavorando si possono ottenere risultati come questo, non voglio più fermarmi. Il mio motto è “Se insisti e resisti, raggiungi e conquisti!”».
Dove hai assistito al trionfo degli azzurri?
«Io e Guendalina Sartori, la riserva femminile, abbiamo visto la loro gara in streaming sul telefonino prima di partire in aereo da Linate. Avevo la pelle d’oca, dal primo all’ultimo scontro. È come se l’avessi conquistata anch’io questa medaglia, mi sono allenato tanto con i ragazzi. Quando Michele (Frangilli) ha fatto il dieci decisivo, in realtà non sapevamo ancora se l’Italia aveva vinto: il sito della World Archery non aveva inserito il punteggio dell’ultima freccia dell’americano Ellison. È stato un sms della sorella di Guendalina ad avvisarci della vittoria. Una vittoria davvero di squadra: se uno faceva un punteggio basso, gli altri recuperavano lo svantaggio. Siamo poi arrivati a Londra in serata e ci siamo rimasti fino a sabato scorso, vedendo dal vivo le altre gare. Ci si aspettava qualcosa in più dalla squadra femminile, oro ai Mondiali 2011 di Torino ma eliminata agli ottavi dalla Cina. Serve anche un po’ di fortuna: questo è lo sport, si può vincere e perdere per un punto».
Come mai nelle gare individuali gli italiani non sono andati bene, uscendo ai primi turni?
«Dopo una medaglia d’oro a squadre, la tensione scende a zero. L’unico che credeva di poter fare bene era forse Nespoli, che si è allenato veramente tantissimo in questi anni. Tra le donne probabilmente è mancata la voglia di vincere a Natalia Valeeva e Jessica Tomasi, mentre Pia Leonetti ci ha creduto fino in fondo, ma ha dovuto arrendersi ai quarti alla messicana Aida Roman».
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