Una mattina fra informazione e storia, così le due classi IIIB e IIIC dell’Istituto comprensivo si sono trasformati in provetti giornalisti per due ore, venerdì 13 aprile. Bruno Buffo, un nonno fornese, di 76 anni, ci ha raccontato la sua infanzia, le sue abitudini, i ricordi di un ragazzo di allora. Una vita passata all’insegna dell’essenziale: allora non si sprecava nulla. Bruno la prima volta che ha mangiato un cibo non “atto in casa” aveva 7 anni ed era il giorno della sua Prima Comunione.
Quali erano le sue abitudini alimentari?
«In tempo di guerra avevamo a disposizione un etto e mezzo di pane nero al giorno, che si acquistava con la tessera annonaria e quello doveva bastare per tutta la nostra famiglia. Le patate venivano consumate senza sale, e la polenta. Lo zucchero mancava completamente dalla nostra tavola. A colazione bevevamo il latte con un uovo sbattuto ed eventualmente gli avanzi della cena del giorno prima. Il piatto tipico di quei tempi era la minestra di verdura».
Il piatto della festa qual era?
«Una volta all’anno, in occasione di qualche festività, si mangiava la carne».
Bruno ci ha raccontato un episodio della sua vita di ragazzo: «Una volta, dopo l’8 settembre del 1943, mio nonno trovò un mulo morto nel bosco e colse l’occasione per portarlo a casa e macellarlo e farne dei salami con le bacche di ginepro. Quella fu la prima volta in cui assaggiai il salame».
Che cosa faceva la sua famiglia con gli avanzi di cibo?
«In realtà, nella nostra quotidianità, si avanzava molto poco. La cena della sera, magari a base di polenta, diventava la colazione, con latte e castagne, il mattino dopo. Quel poco che avanzavamo diventava compost che serviva per concimare l’orto». Bruno ci ha raccontato anche che d’inverno, per andare a scuola, si indossavano degli zoccoli con i chiodi per non rischiare di scivolare e insieme alla cartella “bargia” si portava sotto il braccio un pezzo di legno per scaldarsi. L’acqua per farsi il bagno, che avveniva una volta alla settimana, si attingeva dal pozzo e ci si lavava dentro alla bacinella usata per lavare i panni. Inoltre, l’acqua utilizzata per lavare i piatti veniva riutilizzata per abbeverare gli animali.
Com’era il suo pomeriggio tipo, allora?
«Quando tornavo a casa, svolgevo subito i compiti, successivamente portavo il gregge al pascolo, portandomi dietro i libri di scuola per studiare. A 12 anni, poi, ho iniziato a lavorare per potermi pagare gli studi alla scuola professionale per disegnatori».
Quali erano i giochi che si facevano allora?
«Quando riuscivo a sfuggire dallo sguardo vigilante di mia mamma, giocavo con gli altri bambini al gioco delle noci. Disegnavamo un quadrato per terra, chi ci riusciva a far uscire le noci dal perimetro stesso, le vinceva e poteva portarsele a casa. Con queste mio padre riusciva a fare l’olio di noci, perché le olive, qui, proprio non c’erano. Un altro divertimento era il gioco della trottola, “curlat”».
La vita allora si svolgeva per lo più in paese: non c’erano mezzi di trasporto se non la bicicletta e qualche corriera.
Qual è stata la sua prima gita fuori porta?
«Il mio primo viaggio lontano da Forno è stato piuttosto rocambolesco: dovevamo andare da uno zio a Chivasso per prendere della farina. Partimmo alle 6 del mattino e con la corriera arrivammo fino a Rivarolo, in cui prendemmo il treno diretto a Settimo, arrivati qui proseguimmo a piedi fino a Chivasso, durante il percorso ci diedero un passaggio su un carro, con il quale non potemmo continuare il viaggio per molto perché il ponte era stato bombardato durante la guerra. Così per recuperare la farina abbiamo percorso ancora 4 km a piedi, fino a casa di nostro zio. La prima vacanza: a San Remo. Avevo diciotto anni. È stato allora che ho visto il mare per la prima volta». Fino ad allora l’informazione avveniva attraverso qualche giornale e la radio. Le notizie si trasmettevano di bocca in bocca. Poi, però, è arrivata la televisione e le cose sono cambiate anche qui. Negli anni Cinquanta ci fu il primo grande cambiamento: l’avvento della tv che trasformò la vita dei fornesi. Si scoprì un nuovo mondo e arrivarono i primi messaggi pubblicitari attraverso il Carosello e con questo cambiarono i gusti e le abitudini alimentari. Tutti guardarono così all’America. «Avevo molti parenti oltre oceano ma mio zio ci mise in guardia: Bruno! Non copiare gli americani». Avvenne il contrario, ma Bruno oggi ci lascia un messaggio: «Tornate alla semplicità e conducete una vita più autentica. Essenziale». Era meglio oggi o allora? Bruno allarga le braccia, non da una risposta secca ma dice: «Una volta eravamo più uniti».
18 Apr 2012
Le IIIB e IIIC di Forno protagoniste di un’iniziativa a cavallo fra giornalismo, alimentazione e ricerca storica