BALANGERO — Dopo la storica sentenza per i morti dell’Eternit di Casale Monferrato il procuratore Raffaele Guariniello ha deciso di spostare la sua attenzione sull’ex Amiantifera di Balangero. La scorsa settimana la Procura di Torino ha aperto un’inchiesta per indagare su un centinaio di casi di decessi quantomeno sospetti. Sono uomini e donne che si sono ammalati di mesotelioma pleurico. Una patologia che, presumibilmente, è legata legati all’attività dell’Amiantifera di Balangero. Ma c’è una novità. Perché i 53 nuovi casi che si sono aggiunti, non hanno nulla a che fare con quelli relativi ad una quarantina di ex operai, 25 di questi sono deceduti. Le segnalazioni sono partite dall’Osservatorio predisposto dalla Procura, che ha raccolto la documentazione medica proveniente dagli ospedali di Lanzo e Ciriè.
Le segnalazioni, riferite agli ultimi dieci anni, parlano di gente comune che, un bel giorno, si è sentita dire dai medici: «Lei ha l’asbestosi». E questo senza mai aver varcato i cancelli della miniera. Una brutta storia. Il magistrato si è appoggiato alla documentazione dell’Asl perché, come ha spiegato: «Era stato informato della ritrosia di alcune persone nel denunciare». Le 53 persone che fanno parte della nuova inchiesta abitavano tutte in zona a Balangero, Corio, Coassolo, Mathi, Lanzo e sono nate negli anni 30, 40, sino al 1950-52. Si sono ammalate dopo una lunga latenza del male, per inquinamento ambientale da fibre di amianto. C’è chi è morto e chi è ancora in vita. Come Maria Grivet Fetà, che abitava prima a Corio e poi a Balangero. Lei lavava le tute di suo marito e in cava non ha mai lavorato.
Di certo c’è che, nell’area del Ciriacese e delle Valli di Lanzo, la percentuale di deceduti per il mesotelioma della pleura, è molto più alta che in tutte le altre zone della provincia Torinese.
È l’esperienza del processo Eternit a guidare il pm Guariniello in un caso che sembra poter evocare l’inquinamento ambientale del Casalese, dove le vittime civili sono state centinaia. Le prime testimonianze raccolte in zona indicano che anche dall’Amiantifera di Balangero si regalavano a chi ne faceva richiesta i materiali di scarto della cava di amianto. «Con cui si battevano le aie e le stradine di campagna per compattarne le superfici con un materiale povero e sostitutivo dell’asfalto».
L’iniziativa giudiziaria che potrebbe accodarsi a quella dell’Eternit di Casale Monferrato, è partita dopo che gli investigatori della Procura sarebbero arrivati a stabilire che gli imprenditori svizzeri Schmidheiny avrebbero avuto delle partecipazioni anche nella società Cave di San Vittore di Balangero di circa il 40 per cento.
Resta da capire se i magati svizzeri possano essere ritenuti direttamente responsabili anche di quello che avveniva all’interno dell’Amiantifera di Balangero. Guariniello, una quindicina di anni fa, era già riuscito a far condannare, in Pretura a Ciriè, i dirigenti della cava, fallita nel 1990, quando il minerale venne messo al bando.
Poi c’è l’altra vergogna. Quella che, a 22 anni dal fallimento della Società Cave di San Vittore, molti ex dipendenti devono ancora percepire dei soldi di stipendi arretrati.
L’Amiantifera fa ancora paura