CORIO — “Chila a l’ha pagà për mi.” (Lei ha pagato per me.) È il commosso e riconoscente commento di Piero Bertolone Ballarin al dono ideale ricevuto da sua sorella Maria, detta familiarmente “Iuccia”, intrepida partigiana coirese scomparsa il 5 aprile all’età di 88 anni.
«Quando, all’indomani dell’armistizio, cominciò ad aiutare la Resistenza aveva soltanto 17 anni – spiega Piero – Iuccia era sveglia, coraggiosa e sapeva sparare. Così, in breve tempo, divenne persona di fiducia della 18a Brigata Garibaldi e del comando della 4a Divisione, che le affidarono delicate missioni, come il salvataggio di due paracadutisti inglesi sul monte Soglio; oppure recarsi in una chiesa di Torino sede del Cln o ancora spingersi fino a Cuneo. Ma Iuccia era anche una valente infermiera e più volte curò partigiani feriti». L’episodio più clamoroso che la vide protagonista fu, tuttavia, il riuscito tentativo di liberare il partigiano Ferdinando Burlando, decorato nel dopoguerra con la medaglia d’oro al Valor Militare. In quell’occasione Iuccia non ebbe paura di entrare all’interno del famigerato carcere di via Asti per prendere notizie del prigioniero ferito, così da farlo trasferire all’ospedale Maria Vittoria e organizzare con gli uomini di Claudio Borello, detto “il Moro”, la sua evasione dentro una bara. Purtroppo, su delazione di una ex partigiana, fu catturata dai tedeschi a casa sua e imprigionata nelle carceri di Ciriè.
Per circa due mesi subisce 200 ore di “interrogatorio” da parte del capitano delle SS italiane Aldobrandino Allodi e del picchiatore chiamato l’Angelo per ottenere informazioni sui nascondigli dei partigiani e, soprattutto, particolari utili a catturare il fratello. Era già inserita tra coloro che dovevano essere fucilati a Barbania per rappresaglia il 21 febbraio 1945, ma venne salvata dal comandante delle SS di Rivarolo, perché mesi prima Maria aveva soccorso e trasportato all’ospedale un suo soldato ferito. «Quando la liberarono era irriconoscibile – è l’indelebile ricordo di Piero – Le avevano rotto uno zigomo. La schiena era tutta piagata per le scudisciate. La vista da un occhio era gravemente compromessa. Eppure non ha mai detto niente, né di me, né degli altri compagni e neppure ha fornito informazioni sull’organizzazione partigiana».
Una donna così coraggiosa meritava il riconoscimento del mondo della Resistenza. Alle esequie officiate da Don Claudio e svoltesi sabato mattina a Corio, accanto ai familiari, c’era il coordinatore dell’Anpi zonale Giovanni Datta con il vice Stefano Bona, oltre a delegazioni delle sezioni di Corio, Germagnano, Nole, Lanzo, San Francesco e San Maurizio.
A renderle onore anche la bandiera della gloriosa 46a Brigata Garibaldi che fu di Aldo Giardino e il sindaco Diglio, secondo cui la sua scomparsa rattristerà la prossima celebrazione del 25 aprile. Nel cuore dei presenti resteranno le commoventi parole pronunciate in chiesa dal fratello: «Cara sorella, quante cose brutte abbiamo passato insieme. Hai sopportato la galera pur di salvare tuo fratello. Ora, dove andrai, nessuno ti farà più del male. Perdona quei vigliacchi». Grazie “Iuccia”.
Addio “Iuccia” intrepida partigiana