VENARIA REALE — «Mah, guardi, è la prima volta che visito la Reggia, non dico che sono delusa dai nuovi allestimenti, questo no. Ma ieri sono stata al castello di Racconigi e mi è venuta la pelle d’oca, per gli arredi e per l’atmosfera. Sensazioni che non ho provato qui». Lo ammette spontanea Nina Giuliano, livornese, appena esce dalle nuove sale che riproducono la vita privata dei sovrani. Ritratti di re e regine, duchi e duchesse, drappi verdi e rossi, ampi specchi, mobili lavorati dall’ebanista Piffetti, orologi, vetrina con argenti da colazione. Meno male che non la sente l’architetto Loredana Iacopino che ha lavorato, giorno e notte, per pensare e sistemare gli allestimenti. «Questi spazi devono trasmettere la sensazione di intimità, voglio che siano gli oggetti a parlare, nel rispetto dell’ambiente», dice la Iacopino che è in moto perpetuo per assicurarsi che tutto fili liscio. «Infatti la maestosità del luogo si sposa bene con gli arredi, ne sono convinto», riflette Heskel Gabbai, milanese con passaporto svizzero, che di storia dell’arte sembra saperla lunga. Sono loro i primi a giudicare la nuova veste della Reggia, riaperta nella mattinata di venerdì 16 marzo, dopo un mese di stop.
Intanto sotto gli austeri sguardi di condottieri sabaudi, sfilano vivaci classi di scuole provenienti da mezza Italia. I più affannati sono i professori. «Non pestate il tappeto ragazzi…», «Giù le mani dal mobile, non si può toccare, dai…..», «Per favore, ascoltate un attimo….». Allievi che non disturbano Wilma Tomasini da Gorizia, incantata. «Non solo dalla Reggia, ma da Palazzo Reale, dal Museo del Cinema, da Torino, una città splendida, a misura d’uomo, per me è stata una piacevole sorpresa». Come per Marina Maccali da Biella che, nella Sala di Diana era stata una decina di anni fa, quando polvere e abbandono avvolgevano il complesso sabaudo: «Non mi sembra vero che oggi sia così bella, almeno non lo immaginavo». Invece lo pensava Andrea Mereghetti, milanese che ha deciso di sfruttare lo Smart Box, regalato dalla sua fidanzata. I due restano meravigliati davanti alla collezione di 26 orologi da tasca e 24 tabacchiere del Settecento, donate dagli eredi del collezionista Giorgio Accornero. «Come inizio non c’è male – dice – da domani saremo a Torino per visitare il Museo Egizio, la Mole, il Valentino». Sui nuovi allestimenti reali si affaccia Paola Bensi, residente in città. Per lei, che la Reggia l’ha visitata più di una volta, è quasi un giro di controlli». In mano tiene un profumato bouquet di roselline gialle e violette, appena colto tra gli stand del Festival dei Fiori, allestito nelle Scuderie Juvarriane fino a lunedì 19 marzo.
Intanto è partito il grande progetto di coinvolgimento delle scuole della città che avranno la possibilità di visitare la Reggia e i nuovi allestimenti. Un modo per conoscere la storia della città che va al di là di quella che spiegano i libri di storia a scuola. Ma non solo. Circa 600 bambini, provenienti dalle scuole di Torino e della Reale, sono stati trascinati nei coloratissimi e profumati laboratori tenuti dai maestri d’arte floreale di tutta Europa. Perché, come si prevedeva, anche il Festival dei Fiori, ha riscosso un successo strepitoso che ha visto la partecipazione di sedici scuole d’arte floreale provenienti da tutta Europa: due norvegesi, una slovacca, una belga, una della Repubblica Ceca, oltre a quelle italiane. Il doppio rispetto al 2010. Un successo talmente evidente che ha attirato turisti da tutta Italia e ha convinto gli organizzatori a prolungare l’evento di un giorno in più e a far arrivare altri fiori freschi per essere lavorati e regalati. Ora non resta che attendere il 5 aprile quando, nelle sale delle arti, verranno esposti pezzi della collezione del Principe Eugenio.
Reggia, si riparte: ai bambini piace il Festival dei Fiori