Anche l’economia del settore primario deve fare i conti con la crisi. «La minore capacità di spesa dei consumatori influenza negativamente il bilancio degli agricoltori, nonostante per il momento – afferma Paolo Odetti, vicepresidente provinciale di Coldiretti – il settore non sia colpito così duramente in quanto sono ancora in essere alcuni contratti che a marzo saranno ridiscussi. Discorso diverso, invece, per ciò che concerne la carne bovina, che ha subito una contrazione dal 10 al 20% rispetto alla carne di pollo, meno cara».
Lodovico Actis Perinetto, presidente della sede torinese della Cia, la Confederazione italiana degli agricoltori, punta il dito anche contro la grande distribuzione organizzata, «che nella sua sfrenata corsa al massimo ribasso, tende a omologare tutte le produzioni, senza considerare le giuste differenze tra buona e cattiva qualità». E aggiunge: «È necessario che i consumatori imparino a spendere meglio comprando il necessario, ma che sia di qualità». Con un velo di amarezza, il presidente constata che «le aspettative degli agricoltori non sono buone perché vedono scarsamente considerato il loro lavoro. Al di là delle frasi di circostanza, nessuno si sta veramente impegnando per tutelare un’attività così importante sia per garantire il cibo, sia per la tutela del nostro territorio».
Aumento dell’Iva, del carburante, diminuita capacità di spesa dei consumatori, tutti elementi con valenza negativa nel bilancio. Ma l’Imu, l’imposta municipale unica, rappresenta, secondo i vertici delle organizzazioni, una vera e propria spada di Damocle sulla testa degli agricoltori. «L’Imu colpirà non solo i terreni dove sostituisce l’Ici, con un coefficiente di rivalutazione praticamente raddoppiato, ma si accanirà anche sulle abitazioni rurali e sulle pertinenze agricole quali stalle, magazzini e serre che per noi sono strumenti di lavoro e non di lusso», è l’amaro commento che giunge del mondo agricolo. Franceso Airola, assessore all’agricoltura e foreste della Comunità montana, condivide l’indignazione. In considerazione del potere di ogni Comune di ridurre l’aliquota dell’Imu per i fabbricati e i terreni agricoli e nel tentativo di contenere l’aggravio fiscale «di un settore che soffre le difficoltà dell’iniquo sistema economico aggravato dalle circostanze morfologiche del territorio montano in cui le aziende operano», Airola ha scritto alle Amministrazioni di tutti i paesi della Comunità montana, invitandole, a valutare tale possibilità per le aziende del settore agricolo e rurale.
«Tra una tassa e un aumento, compreso quello dei contributi previdenziali, ci viene presentato un conto molto salato, che potrebbe pregiudicare l’attività», incalza Actis Perinetto non mancando di puntare il dito anche contro il carico burocratico. «Da tempo – dice – chiediamo di sburocratizzare il settore per non dover produrre montagne di scartoffie». Meglio sarebbe attivarsi per una valorizzazione del prodotto nostrano, «sicuramente più sano e controllato che in qualunque altro posto del mondo». Con un velo di polemica, Actis non manca poi di far notare quanto il nostro territorio abbia grandi potenzialità: «Il problema è saperle cogliere e volere investire sul futuro, ma purtroppo credo manchi ancora la mentalità. Basti pensare al caso Latteria Valle Sacra: si lascia fallire un gioiello che potrebbe garantire, attraverso politiche di mercato avvedute, latte biologico a tutto il nostro territorio e posti di occupazione. Ma si lascia marcire per motivi anacronistici».
Agricoltura in tempo di crisi