Martedì scorso, a San Maurizio, durante la manifestazione che, nell’ambito del 150° dell’Italia unita, ha reso omaggio ai patrioti della lotta di Liberazione, attraverso la figura del tenente partigiano Bruno Tuscano, il sindaco Roberto Canova ha espresso la sua viva soddisfazione nel vedere, accanto ai partigiani, tanti studenti. «Tuttavia, la contentezza, si accompagna alla tristezza per non avere più con noi un’indimenticabile figura di riferimento della Resistenza, un uomo cui eravamo legati da stima e affetto: il comandante Aldo Giardino».
È ormai trascorso un anno da quel 5 febbraio, quando il liberatore e cittadino onorario di Ciriè, comandante delle Valli di Lanzo, era stato colto da malore mentre si recava a Caselle per commemorare l’eccidio del 1 febbraio ‘45 e a nulla era valso il pronto ricovero all’ospedale di Lanzo. Partigiano o, come preferiva definirsi, “ribelle” fino all’ultimo. Il dovere della memoria dei Caduti e il desiderio di far conoscere ai giovani le vicende gloriose della Resistenza erano per lui ragione di vita. Per questo avrebbe sicuramente tratto soddisfazione dall’evento sanmauriziese.
La sua scomparsa ha lasciato un grande vuoto e in tanti gli devono qualcosa, perché Aldo era generoso come un grande padre vicino alla gente, tanto da costituire per molti un riferimento indispensabile. In parecchie occasioni gli è stato reso omaggio, mantenendo viva la sua presenza e il coerente operato. Noi vogliamo ricordarlo attraverso le sue parole, pronunciate il 16 ottobre 2010, in una delle ultime apparizioni pubbliche, a San Maurizio, nel corso dell’attribuzione della cittadinanza onoraria al fratello di Bruno Tuscano. Sarà come risentirne la voce, in un intervento da leggere come una sorta di commiato, esposto alla sua maniera, col garbo che lo contraddistingueva e che lo rendeva unico.
«Grazie, non mi aspettavo tanto. Porto il saluto di un partigiano che, fortunatamente per me, non è tra coloro che allora hanno pagato con la vita. Mi trovo qua vicino all’amico Ottolenghi e a un altro vero partigiano, Giovanni Datta.Vorrei che poteste capire le emozioni che ho provato questa mattina: mi hanno semidistrutto. E vorrei tanto che una parte di questa mia emotività entrasse un po’ nei vostri cuori: noi siamo quell’ultimo drappello di testimoni. Anche all’8 settembre 1943 ci sono stati dei piccoli drappelli di militari e io posso onorarmi di aver fatto un po’ il preambolo di questa guerra.
La guerra è sempre terribile perché in essa – ricordatevi tutti voi che non l’avete vissuta – gli elementi più cattivi dell’individuo vengono fuori. Io ho vissuto il tempo del balilla, dell’avanguardista, del giovane fascista, della gioventù universitaria e non vi dico le sofferenze provate.
Quando si dice “partigiani”, si cerca, retoricamente, di trovare un significato. Ebbene, voglio dire solamente che quella era la gioventù che ha saputo ribellarsi. E quando mi chiedono: “Lei era comandante dei partigiani?”, io rispondo che ero il comandante di tutti quelli che hanno saputo ribellarsi in quel momento, indipendentemente dalle ideologie politiche. E contro che cosa ci siamo ribellati? Contro la prepotenza e l’arroganza che ci hanno calpestati: dovevamo indossare una divisa e inneggiare una persona, che, purtroppo, ha lasciato strascichi ancor oggi. A volte si dice: “Perché voi partigiani ancora sopravvissuti non spiegate le cose?”. Perché è molto difficile. È stato difficile anche per noi capire chi eravamo e cosa dovevamo fare in quel momento. Immaginate quali pensieri può provare un uomo come me durante la notte, quando non riesce a dormire, quando compaiono i fantasmi di compagni uccisi nel corso della lotta, senza dimenticare le angherie e le sofferenze che abbiamo provato. Non potete immaginare la commozione che può dare una tazza di latte offerta dalle povere donne della montagna: gesti che ci davano la forza di continuare a lottare.
Quindi, se io potessi trasmettere a voi un qualche cosa che provi questi sentimenti profondi, che io vivo tuttora, lo darei a tutti quanti, con molta gentilezza e un affettuoso abbraccio»
Un anno fa moriva improvvisamente il comandante Aldo Giardino